Storicamente. Laboratorio di storia

Dibattiti

Presentazione a L’Inquisizione in una prospettiva globalizzante: il Dizionario storico dell’Inquisizione

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La recente pubblicazione dei 4 volumi del Dizionario storico dell'Inquisizione, a cura di A. Prosperi con la collaborazione di V. Lavenia e J.A. Tedeschi, rappresenta un importante appuntamento non solo per la modernistica in senso stretto, ma altresì per le discipline storiche nel loro complesso.

Si tratta di una valutazione sorretta da molteplici ragioni: a partire da una questione banale - o formale -, se si vuole, ma che investe lo statuto stesso di un'opera alla quale (per i suoi contenuti, e per il modo della loro presentazione all'interno del progetto che li sottende) vanno piuttosto stretti i panni soliti del "dizionario", dunque - nei termini propri alla lunga e consolidata tradizione dei dizionari storici - dello strumento di prima consultazione, rapido ed essenziale: laddove gli utenti di questo Dizionario saranno chiamati a cimentarsi con una offerta di materiali non solo ricchissima, ma trattata - questa è la regola a cui ci si è attenuti - con grande originalità e impegno, sicché il tono proprio dell'opera è dato non tanto dal secco ed essenziale lemma "da dizionario", quanto piuttosto dalla trattazione monografica approfondita, tesa, spesso, a presentare non solo i dati accertati del problema in esame ma anche a proporre nuove ipotesi di ricerca. Nella Presentazione dell'opera si fa cenno a questo consapevole passaggio da un' «ipotesi iniziale di un agile strumento di informazione sommaria», a «una impresa di ben diverso impegno» [Prosperi 2010b, VI]: si tratta di un'evoluzione che, proprio in quanto ridefinisce le potenzialità conoscitive proprie a un genere letterario consolidato e le sue stesse caratteristiche, potrà fors'anche suscitare qualche contrarietà, o far pensare a una creatura dall'incerta natura; d'altronde è ovvio che ciò si rende oggi possibile non solo in virtù di un forte investimento di energie umane (nell'ideazione e poi nella gestione di un progetto di ampio respiro), ma anche grazie alle nuove modalità d'esercizio del mestiere di storico (a partire dalle grandemente accresciute possibilità di contatti e di scambi recate in dote dalle nuove tecnologie).

A parte questo aspetto, un altro motivo di profondo interesse proposto dall'opera risiede nell'evidente, e in qualche misura necessario dilatarsi della materia trattata su molti secoli ed età tra di loro assai diverse, dal Medioevo al Novecento: sicché, se il terreno su cui la mole di questi quattro volumi resta saldamente ancorata è certamente quello dei secoli dell'Età Moderna, mentre il clima che si respira al loro interno promana soprattutto dal kameniano «secolo di ferro», pure non c'è dubbio che quel tempo e quell'atmosfera non esauriscono affatto i diversi modi di essere e di caratterizzarsi dell'inquisizione: non solo perché a partire dalla fine del Medioevo essa si è proposta, al modo del Cerbero tricefalo, con modalità di funzionamento autonome in Spagna, Portogallo e a Roma; ma anche, poi, per la sua straordinaria capacità di interagire nei diversi contesti con le culture politiche e giuridiche dominanti, facendosi potente strumento di modellamento della realtà nel tempo lungo di una plurisecolare esistenza: sicché pare lecito e opportuno declinare borgesianamente al plurale quel termine, "Inquisizione", così carico di risonanze intellettuali e financo emotive. E il ragionamento potrebbe proseguire oltre, fino a chiedersi se attraverso la storia delle Inquisizioni non si evidenzi una modalità di funzionamento intrinseca a una certa cultura ecclesiastica, quella che ha animato il «modello totalitario di regime di cristianità» di cui parla A. Prosperi [2010b: III], destinata dunque a proporsi in modo permanente, oltre la rigida griglia delle date che definiscono l'esistenza dell'istituzione, improntando di sé anche periodi storici in cui l'Inquisizione, in quanto tribunale, più non esisteva. Scegliendo di dar conto di una serie di vicende e situazioni nelle quali questa cultura si è espressa, anche nel Novecento (è il caso del modernismo), e uscendo di fatto dal terreno rigidamente delimitato dall'esistenza istituzionalmente fondata dell'Inquisizione, l'opera sembra proporsi anche, in qualche modo, come Dizionario della cultura inquisitoriale: ma qui il discorso degli inserimenti e delle esclusioni può suscitare la «sensazione di insufficienza» di cui parla nel suo intervento Vincenzo Lavenia, o perplessità come quelle lucidamente espresse qui di seguito da Moshe Sluhovski.

Resta comunque che aggredire il tema della inquisizione, dei suoi meccanismi di funzionamento, dei dispositivi culturali in cui essa si iscrisse, porta lo storico, per forza di cose, ad occuparsi di una straordinaria pluralità di esperienze: sicché particolarissimo valore assume la trattazione delle spesso oscure e dimenticate vittime, dall'indio messicano don Carlos Chichimecatecutli al tessitore modenese Vincenzo Pellicciari, le cui condanne a morte, a differenza di quella di Giordano Bruno, non poterono certo sfidare i secoli e l'autorità della Chiesa. Aver recuperato questo patrimonio e averlo assemblato per l'utilità degli studiosi costituisce eminente titolo di merito di questo lavoro.

Ma la questione della pluralità delle esperienze comprende anche un altro aspetto, che ci porta ad un'ulteriore ragione per cui questo Dizionario appare oggi particolarmente benvenuto. Perché se nelle sue pagine si può verificare concretamente quella dilatazione nel tempo delle Inquisizioni di cui si è; detto, è; altrettanto vero che lo scorrere delle voci documenta un'altra, e altrettanto straordinaria dilatazione: quella che trasferì i moduli di funzionamento dei tribunali inquisitoriali e della cultura che li nutriva dalla piccola Europa del Cinquecento all'immensità degli spazi del mondo allora "scoperto", ma soprattutto concretamente praticato, in modo crescente, dai milieu mercantili, militari e politici che nell'ideologia cristiana si riconoscevano. Si tratta di un itinerario che connota la dimensione autenticamente globale di questo capitolo della storia europea divenuto nel tempo storia del mondo, e ciò si inquadra perfettamente negli schemi e nelle progettualità di una storiografia alle prese, oggi, con la sfida della mondializzazione. L'Inquisizione ha imposto il proprio bisogno di ortodossia da Goa a Messico, da Luanda a Macao; popolazioni non europee e ben poco addentro alle sottigliezze della teologia cattolica assistettero, probabilmente attonite, ad autos da fé più; o meno sanguinari (come nel caso - divenuto famoso - attestato per Goa dalla relazione tardo secentesca di Charles Dellon [Amiel, Lima 1997]), sempre che non venissero chiamate a vestire i panni del protagonista sul banco degli imputati o sul patibolo, come sappiamo che avvenne frequentemente alle genti latinoamericane. Tutto ciò configura una dimensione centrale per l'intelligenza tanto dell'esperienza inquisitoriale in tutta la sua latitudine quanto della struttura di questo Dizionario: come ben coglie, fin dal titolo del suo contributo - Um dicionàrio para uma història conectada das Inquisições - Laura de Mello e Souza, citando la connected history di cui si è fatto portavoce in questi anni Sanjay Subrahmanyam.

Le considerazioni svolte hanno rappresentato il punto di partenza del progetto che qui viene presentato ai lettori di «Storicamente». In breve, il progetto è consistito nel riuscito tentativo di far incontrare idealmente storiche e storici di diversa formazione e provenienza, tutti però attivi sul fronte della storia della Chiesa e della cultura ecclesiastica, impegnandoli in una discussione analitica incentrata sui volumi del Dizionario, per cogliere i fili evidenti o nascosti della sua tessitura, per avanzare rilievi o critiche, e soprattutto per agevolare la diffusione e la metabolizzazione collettiva dei molti temi da esso proposti. Coloro che hanno aderito hanno corrisposto con grande generosità alle aspettative, affrontando la lettura di questa massiccia opera ciascuno secondo le proprie sensibilità e i propri specifici interessi.

Gli interventi di Kimberly Lynn, Franco Motta, Ottavia Niccoli, Moshe Sluhovski e Laura de Mello e Souza si susseguono in ordine alfabetico; abbiamo ritenuto opportuno farli precedere da poche pagine in cui Vincenzo Lavenia, che ha avuto importante parte attiva nella realizzazione del Dizionario, dà conto di questa impegnativa «esperienza di lavoro».

Non resta che augurare a tutti buona lettura: e magari, poi, uno strenuo corpo a corpo con lo straordinario ventaglio di umane esperienze contenuto nelle pagine di questo Dizionario.