Storicamente. Laboratorio di storia
I cetnici a Gorizia

Poco dopo che le truppe tedesche lasciarono definitivamente il goriziano, i 20.000 serbi della retroguardia nazista irruppero in città, compiendo atti di estrema violenza e crudeltà, saccheggiando e trucidando. Alla rabbia dovuta all’imminente sconfitta si univa la paura dovuta alla vicinanza dei partigiani di Tito che li stavano inseguendo. Secondo l’accorata cronaca di Iole Pisani riportata da Lucio Fabi furono uccise:
54 persone di ogni età condizione e sesso. Dalla vecchietta ottuagenaria che tornava pacificamente dal suo lavoro di presta servizi addetta alla prefettura, al bimbo di sei anni che giocava presso la finestra della cucina, dalle due crocerossine che tornavano dall’ospedale ai due pompieri che con una camionetta portavano generi alimentari al sanatorio di via Vittorio Veneto, dalla giovane popolana madre di due tenere bimbe, che si era affacciata alla finestra, al calzolaio che si stava recando al suo povero laboratorio. Altri due pompieri furono mitragliati alle spalle.
Violenze incomprensibili per la popolazione, possibili solo in momenti di estremo caos, incertezza e paura, quando ogni movimento sospetto faceva partire scariche di mitraglia. La decisione della autorità cittadine di trasferire fuori dal centro tutti i combattenti “in divisa”, concentrandoli sul Collio, non bastò ad evitare gli scontri. Senza attendere l’ordine del Cln, un consistente gruppo di civili prese le armi per difendere alcuni punti strategici della città e per incanalare il flusso dei serbi nelle vie periferiche per preservare il centro. Lo scontro a fuoco più violento avvenne presso il comprensorio industriale di Straccis e presso gli impianti di Piedimonte, la mattina del 30 aprile. Le fabbriche erano difese da una cinquantina di uomini che si erano organizzati nel Comitato popolare difese industriali. Gli scontri furono estremamente violenti e numerosi operai rimasero feriti. Altri furono uccisi. Durante la notte, le sparatorie continuarono finché le truppe cetniche non uscirono dalla città. Per tutta la giornata del primo maggio i combattimenti proseguirono nella zona di Piuma e Podgora.

L. Fabi, Storia di Gorizia, Padova, Il Poligrafo, 1991, 187.