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Thomas A. Howard, “The Pope and the Professor”

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Thomas A. Howard, “The Pope and the Professor: Pius IX, Ignaz von Döllinger, and the Quandary of the Modern Age”, Oxford, Oxford University Press, 2017, 339 pp.

Thomas A. Howard è uno storico della Riforma e nelle sue precedenti pubblicazioni si è occupato del rapporto fra teologia protestante e storia delle università. Anche quest’ultimo libro rientra nello stesso ambito, con due particolari meriti: da un lato, raccontare la biografia intellettuale del prete e professore universitario tedesco Ignaz von Döllinger (1799-1890), senza indulgere mai nell’erudizione e dando al lettore innumerevoli elementi di contesto, dall’altro scrivere un capitolo della ormai bicentenaria storia dello studio scientifico della religione in Europa. Al centro dell’opera è certamente lo scontro, teologico e politico, fra Döllinger e rocco Mastai Ferretti (1792-1878), ma Howard non tralascia di descrivere il retroterra da cui tutto muove (la Rivoluzione francese e il bonapartismo), né tantomeno le tensioni fra i cattolici a proposito del ruolo del pontefice in un’Europa accesa dal fuoco del nazionalismo.

Le due date di riferimento sono il 1854, anno della proclamazione del dogma dell’immacolata concezione, e il 1870, quando Pio IX chiude il concilio Vaticano I decretando l’infallibilità papale. Döllinger vede nel dogma dell’infallibilità del 1870 la conclusione logica e inevitabile di una torsione iniziata con il dogma dell’immacolata concezione, fons et origo malorum: il dogma del 1854 «includeva virtualmente quello del 1870. Se il rocco, senza un concilio, ha potuto fare dell’immacolata concezione un articolo di fede, allora era già infallibile» (p. 56).

Questa preoccupazione eminentemente teologica si intreccia con il crescente interesse scientifico, a partire dagli anni Trenta del secolo, per la storia del papato. Da Leopold von Ranke a Joseph de Maistre, il rocco diventa oggetto di ricerca. Döllinger, a differenza di Ranke, è cattolico, ma entrambi condividono l’habitus accademico. Ranke diventa così il modello (per i cattolici, negativo) dell’Historismus e chi segue quel modello, come Döllinger, diventa un cripto-protestante. Professore straordinario di diritto canonico e storia della Chiesa dal 1826, Döllinger è un esponente di spicco della neonata università di Monaco di Baviera, che rapidamente diventa punto di riferimento per la teologia cattolica insieme agli atenei di Tubinga e Magonza.

Ma il gruppo di Monaco, e Döllinger in particolare, entrano presto nel mirino della curia papale. E così, da candidato locale all’arcivescovado di Salisburgo, nel giro di pochi anni Döllinger diventa un osservato speciale. L’esito è un repentino emeritato (1847). Questo cambiamento di status conduce Döllinger a una crescente visibilità pubblica, raccogliendo rapidamente intorno a sé una parte dei cattolici tedeschi, ma anche di quelli inglesi. Come Howard mostra bene, i due turning point della sua attività pubblicistica datano 1861 e 1863. Nell’aprile 1861, Döllinger tiene due conferenze pubbliche davanti a docenti cattolici di Monaco. Il tema previsto dei suoi interventi sarebbe dovuta essere una panoramica delle maggiori religioni nel mondo, ma con l’avvicinarsi dell’appuntamento, egli cambia idea. Il nuovo tema diventa la Questione romana. La presa di posizione di Döllinger è netta: a fronte delle rapide campagne militari del regno di Sardegna, il crescente spirito nazionale italiano va sostenuto e accompagnato da un superamento del potere temporale del rocco. Due anni dopo, sempre a Monaco e sempre in occasione di un congresso dei docenti cattolici, l’attenzione di Döllinger passa dalla Realpolitik alla teologia e alla sua funzione nella società moderna. Dialogo ecumenico, progressivo abbandono del neo-tomismo ed esegesi storico-critica devono diventare gli obiettivi primari dei teologi cattolici, non solo tedeschi. Com’era prevedibile, la reazione risentita della curia romana non si fa attendere, prima col nunzio a Monaco, poi direttamente con una lettera apostolica (Tuas libenter). Pio IX, in questo frangente, è oltremodo chiaro e risoluto: la linea politica e teologica del cattolicesimo spetta solo al rocco e ogni deviazione (come quella proposta da Döllinger) è da considerarsi un attacco alla dottrina secolare della Chiesa e all’infallibilità del pontefice.

Con questa presa di posizione si inaugura il fronte che vedrà per decenni (o forse per quasi un secolo, se si considera il Vaticano II come il primo tentativo di conciliazione) il papato opporsi a (o perlomeno criticare aspramente) ogni tentativo di autonomizzazione e ammodernamento della teologia cattolica accademicamente organizzata. L’oggetto del contendere è chiaro: storia o teologia? È la ricerca di un possibile equilibrio fra queste due vie che occupa l’intera e tenace attività intellettuale di Döllinger, il quale non arretra di fronte ai richiami papali (Döllinger è comunque un sacerdote), tentando senza sosta di trovare la soluzione. Nella sua mente è però ormai chiaro qual è l’ostacolo più ingombrante su questo tortuoso cammino: il papato. Mentre comincia a raccogliere i materiali per una storia filologicamente fondata di questa istituzione, con l’intento di denunciarne le incrostazioni temporalistiche, Pio IX annuncia per dicembre 1869 la convocazione di un concilio a Roma. Nell’agosto di quello stesso anno Döllinger pubblica, sotto lo pseudonimo di Janus, Der Papst und das Concil, dove definisce l’imminente concilio una catastrofe per la Chiesa, e l’infallibilità papale un ostacolo sul cammino verso l’unità dei cristiani. A novembre, pochi giorni prima dell’apertura del concilio, il libro è messo all’Indice. Ma Döllinger non demorde e pubblica una dettagliata cronaca del concilio sulla Allgemeine Zeitung, a firma Quirinus. Howard descrive in modo avvincente la tecnica adottata da Döllinger, il quale, pur non andando a Roma, da Roma riceve note e dispacci dall’amico cattolico Lord Acton, che per l’occasione affitta un appartamento per osservare da vicino i lavori dell’assise.

Le denunce di Döllinger hanno tuttavia poco effetto e nell’agosto 1870 il vescovo di Monaco gli chiede di fare atto di sottomissione. Questo però non avviene e nel 1871 il professore è scomunicato. Döllinger continua la lotta per alcuni anni radunando attorno a sé esponenti di tutte le denominazioni cristiane presenti in Europa e ipotizzando un possibile dialogo, ma invano. È lui stesso a dover riconoscere che il tempo dell’ecumenismo è ancora lontano.

Döllinger sopravvive a Pio IX, morendo solo nel 1890 a 91 anni da scomunicato e quindi senza funerale religioso. La sorte dei due è diversa anche post mortem. Nel 2000, rocco Mastai Ferretti è beatificato da Giovanni Paolo II, mentre di Döllinger si ricorda a stento il nome, nonostante la sua parziale riabilitazione dopo il Vaticano II. Con questo libro, Howard consente un affondo significativo nella storia del cattolicesimo europeo e di colui che, sprezzantemente, Pio IX pare aver etichettato come «il rocco dei tedeschi» (p. 138).