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Emilio Gentile, La democrazia di Dio. La religione americana nell’era dell’impero e del terrore

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In questo libro Emilio Gentile continua le sue interessanti ricerche sulle cosiddette religioni politiche o religioni civili, già al centro di gran parte delle sue più recenti pubblicazioni. Questo campo di ricerca, tra i più fruttuosi delle indagini storico-politiche di governi e movimenti politici dell’ultimo decennio, ha pure dato vita a una rivista propria, intitolata «Totalitarian Movements and Political Religions» (2000, edita da Routledge). Laddove inizialmente il concetto di religione politica veniva maggiormente identificato con i vari regimi totalitari del ’900, negli ultimi anni è sempre di più stato legato ad ambiti non-totalitari, se non pure democratici. Il caso degli Stati Uniti d’America è un esempio tipico di questa tendenza. La democrazia di Dio presenta un’analisi incisiva delle due religioni, o, se si vuole, delle due forme di religiosità, la tradizionale e la politica, che negli Stati Uniti sono da sempre state costituenti essenziali dell’identità americana.

Il primo capitolo presenta una evocazione molto suggestiva degli eventi dell’11 settembre 2001, e soprattutto dello habitus mentis degli Stati Uniti fino a quel giorno: un paese senza ormai più veri nemici, un impero moderno e virtualmente onnipotente. Dall’inizio della sua indagine, Gentile sottolinea l’importanza della religione nel governo di Bush, spiegando come quest’ultimo fosse arrivato al potere grazie al voto della destra religiosa conservatrice. Dopo un’analisi della crisi esistenziale e religiosa seguita agli attentati terroristici (capitolo 2), l’a. esamina la religiosità personale del presidente. Da questa analisi, Bush emerge chiaramente come un uomo altamente religioso, per cui la religione non è tanto uno strumento politico – come si è spesso ipotizzato – quanto un’autentica convinzione: egli vede il suo paese, e se stesso, come destinati a portare la pace e la democrazia di Dio sulla terra (capitoli 3-4). Nel seguito, Gentile dimostra come non solamente negli ultimi anni, ma fin dall’inizio della loro esistenza, gli Stati Uniti abbiano sviluppato, attraverso un ecumenismo religioso, un discorso religioso o comunque pseudo-religioso sul proprio destino (capitolo 5). Nei capitoli 6 e 7 vediamo allora come questo discorso, amplificato dopo l’11 settembre, è servito a giustificare le aggressioni militari in Afghanistan, e poi anche in Irak. Seguono due capitoli finali, che indagano la legittimità e funzionalità del nazionalismo religioso americano, che gli ultimi anni è sempre di più stato messa in dubbio, non solamente all’estero, ma anche negli stessi Stati Uniti.

Gentile analizza tutti questi aspetti utilizzando una vasta serie di fonti, e offre una visione di un lato fondamentale, cioè quello nazionalista-religioso, degli Stati Uniti. Egli dà prova di una profonda comprensione dei meccanismi della società americana odierna e passata. Lo studio integra analisi di tendenze presenti nelle tradizioni religiose e pseudo-religiose con quelle del passato, un approccio che secondo noi è il primo merito del saggio. L’insistenza sull’importanza, non solamente personale ma anche politica, della religiosità di Bush, è la seconda ragione per cui questo libro può considerarsi un vero passo avanti nella storiografia sugli Stati Uniti. Di più, l’oggettività scientifica dell’opera è fuori questione; l’a. si rivela - ma poco - in un ultimo capitolo ipotetico piuttosto che profetico: «Quando religione e politica congiungono le loro forze nell’esercizio del potere, sacralizzando la politica o politicizzando la religione, per la libertà e la dignità umana, nel campo della politica come nel campo della religione, si annuncia una stagione incerta e insicura» (228). Una traduzione inglese della pubblicazione è auspicabile.