Storicamente. Laboratorio di storia
Tabella 1 - Migrant workers in Germany – Age groups by sex and nationality
1968 and 1972
Males
 

Under 25

25-35

35-45

45 and over

Nationality

1968

1972

1968

1972

1968

1972

1968

1972

Italians

27

25

32

31

26

24

15

18

Greeks

7

8

54

42

32

38

7

11

Spanisards

11

12

38

35

40

36

11

16

Portugese

  - 

4

  - 

45

  - 

38

  - 

12

Yugoslavs

11

17

50

47

29

28

10

7

Turks

7

9

60

54

29

32

4

4

Others

  - 

22

  - 

38

  - 

21

  - 

18

Average

16

16

42

43

29

29

13

11

Females
 

Under 25

25-35

35-45

45 and over

Nationality

1968

1972

1968

1972

1968

1972

1968

1972

Italians

36

38

35

28

11

21

  - 

12

Greeks

30

25

44

44

23

26

  - 

  - 

Spanisards

23

25

39

31

27

28

11

16

Portugese

  - 

27

  - 

46

  - 

21

  - 

  - 

Yugoslavs

39

39

39

39

11

17

  - 

5

Turks

32

32

41

44

17

19

  - 

  - 

Others

  - 

30

  - 

25

  - 

  - 

  - 

  - 

Average

32

32

38

39

21

20

9

8

Tabella 1 - Tratto da N. Abadan-Unat, Turkish migration to Europe, 1960-1975: a balance sheet of achievements and failures, in Id. (a cura di), Turkish workers in Europe 1960-1975, a socio-economic reappraisal, E. J. Brill, Leiden, 1976, 389.
Nel primo periodo, la maggior parte degli immigrati provenienti dalla Turchia sono maschi, di età compresa tra i 25 e i 45 anni, nel pieno della vita lavorativa e per la gran parte sono sposati, solitamente con un’educazione elementare e poco interessati all’apprendimento linguistico e professionale. Ciò sembra indicare che il principale obiettivo di queste persone sia quello di rimanere all’estero il meno possibile, e di ottenere in questo periodo il più alto quantitativo di denaro risparmiabile, al fine di inviarlo alle loro famiglie rimaste in Turchia. Inoltre, in questo primo ciclo, «migration was rather considered as a form of apprenticenship, a kind of training in service trough a system of rotation» (N. Abadan-Unat, Turkish migration to Europe, 1960-1975: a balance sheet of achievements and failures, in Id. (a cura di), Turkish workers in Europe 1960-1975, a socio-economic reappraisal, Leiden, E.J. Brill, 1976, 12). Sono pochi, in questa fase (1961-66), coloro che decidono spontaneamente di rimanere in Germania. La recessione del 1966-67, tuttavia, muta le prospettive di impiego e di soggiorno all’estero di molti immigrati o potenziali immigrati. Infatti, da questa data in avanti aumenta il numero dei “vecchi” immigrati, come li definisce Kammarer (P. Kammerer, Sviluppo del capitale ed emigrazione in Europa, Milano, Mazzotta, 1976, 82), ovvero coloro che resistono ai flussi e riflussi della “rotazione naturale” dell’immigrazione; e al tempo stesso aumenta il numero di donne immigrate. Un processo che va inteso in una duplice prospettiva. Infatti, l’immigrazione femminile oltre a permettere agli imprenditori maggiori profitti e più alti tassi di sfruttamento, consentono agli uomini rimasti in Turchia un più facile accesso al mercato del lavoro tedesco, tramite il ricongiungimento familiare, soprattutto in periodi di crisi o recessione. Motivo per cui a partire dal 1966, e in modo ancor più marcato dal 1973-74, i turchi convincono sempre più donne, anche tra le più conservatrici, a emigrare verso la Rft. Nondimeno, questa dinamica rappresenta solo una piccola parte dell’immigrazione turca. Infatti, bisognerà attendere il secondo periodo e la crisi energetica del 1973, con il conseguente blocco dell’immigrazione in Germania (novembre 1973) e la successiva diminuzione dei sussidi per i figli rimasti in Turchia (1975), per assistere a un incremento delle migrazioni definitive nella Rft.