Storicamente. Laboratorio di storia
Boicottaggio
Il boicottaggio in realtà non rientrava in un piano tattico prestabilito del partito nazista. Appena preso il potere cercò di muoversi verso una progressiva emarginazione degli ebrei dalla vita economica ma non esisteva ancora una strategia coordinata e pianificata. Sebbene l'antisemitismo facesse parte integrante dell'ideologia nazista fin dall'inizio, le misure discriminatorie furono introdotte gradualmente in Germania per evitare dissensi sul fronte interno. Tale approccio emerge chiaramente dal confronto con l'iter delle politiche antiebraiche volute dal governo italiano che riuscì in poco tempo a portare all'approvazione delle leggi razziali. Per una comparazione tra Germania e Italia si veda Di Porto 2000. I primi attacchi a noti esponenti del mondo economico appartenenti alla comunità ebraica furono infatti condotti dall'ala più radicale del movimento, dalla Lega di lotta del ceto medio imprenditoriale e dall'organizzazione per il commercio e l'artigianato, coadiuvati anche dall'Unione dei giuristi nazionalsocialisti e dall'Unione dei medici nazionalsocialisti tedeschi. Le aggressioni ai negozi ebraici, a giudici e avvocati ebrei provocarono proteste e appelli al boicottaggio dei prodotti tedeschi nei Paesi anglosassoni. Hitler decise durante una riunione con Goebbels il 26 marzo, di dare avvio ad un controboicottaggio, nonostante l'idea di boicottare le attività commerciali ebraiche in Germania circolasse da tempo: avrebbe dovuto scattare il 1° aprile seguito da un periodo di attesa. Il boicottaggio ebbe luogo come stabilito, ma la popolazione tedesca non dimostrò entusiasmo nell'aderirvi. Cfr. Friedländer 2004, 27 e seg.