Rappresentare la territorialità
a cura di Paola Bonora

Narrare l'urbano


Rappresentazioni della città dispersa: uno spaccato di 'vita' in località S. Just Desvern (Barcellona)
Giacomo Andreucci

Abstract

In this article we firstly resume the principal aspects of the theory of «Barcelona model» and its main criticizers. In particular we focus on the approach of Francesc Muñoz who criticizes the model in relation to what happened in the periphery of the Barcelona during the post-franchist era: that is an enormous development of single-family housing that caused the city and its municipalities to massively sprawl in a process continuing nowadays. Then, to integrate the Muñoz's formulation of the concept of urbanalización, definition that he uses to describe the social problems caused by Catalunya's sprawl, we mention the results of a on-field research conducted through interviews to people living in a sprawled urbanization in the municipality of Sant Just Desvern.

Barcellona, nuove critiche al modello

Negli ultimi centocinquant'anni anni si è parlato a lungo di Barcellona quale modello urbanistico; anzi l'idea di modello, potremmo dire, appare incarnata nella stessa struttura urbana della città: fu infatti con il Pla Cerdà della seconda metà del 19esimo secolo che l'espansione (eixample in catalano) dell'area urbana venne rigorosamente definita secondo un regolare modello geometrico,  che ne informò lo sviluppo morfologico per un lungo periodo.

La storia di Barcellona come modello continuò nei decenni successivi: nell'era post-franchista le scelte di riqualificazione urbanistica riproposero nuovamente la città come modello, questa volta rivolto intenzionalmente anche all'esterno, tanto che verrà esplicitamente coniata nella letteratura internazionale l'espressione «modello Barcellona» [Casellas 2006]. [1]Tale definizione si riferisce alle trasformazioni urbane avvenute negli ultimi due decenni del secolo passato, che hanno generato, in Spagna ed a livello internazionale, una grande attenzione verso quanto stava accadendo nella città catalana promossa, dai suoi stessi amministratori, come esempio da seguire e riprodurre in altri contesti. Come ricorda Antonio Font, riferendosi in particolare agli anni compresi tra il 1986 ed il 2004: «E' stato un periodo importantissimo e di enorme sviluppo urbano per il comune di Barcellona, durante il quale sono state affrontate diverse questioni (riordino viario e ferroviario, le coste, la trasformazione della città vecchia, aree di nuova centralità, ecc.) […] La candidatura ad ospitare i Giochi Olimpici del 1986 è stata l'occasione per redigere un nuovo piano di rinnovamento urbano di ampia portata territoriale[...]» [Font 2005, 66] .

Il successo di tale modello, come ricostruisce Casellas, è stato misurato soprattutto in termini economici e di prestigio internazionale: «Con più di 10 milioni di pernottamenti, Barcellona si collocava, nel 2004, come una delle città dalla maggiore capacità d'attrazione turistica d'Europa, davanti ad altre città capitali di stato come Praga, Vienna o Amsterdam» [Casellas 2006, ibid.].

Casellas rileva come non siano mancate voci critiche nei confronti di tale modello: ne sono stati evidenziati i costi sociali, ne è stata criticata la reale applicabilità ad altri contesti e la banalizzazione e omogeneizzazione della complessità urbana che l'applicazione di tale modello ha comportato. Varie di queste critiche si sono concentrate su quello che è avvenuto nelle aree centrali monumentali della città o nelle zone di grandi riqualificazioni ad es. zona del Raval y Santa Caterina, il distretto del Poblenou, etc. [Casellas 2006, 67-69]. Minore interesse vi è stato invece riguardo a quanto stava verificandosi nelle aree dei municipi periferici, situati a 10-15 chilometri di distanza, o più, dal centro della città. Riferendosi all'imponente crescita del numero di abitazioni unifamiliari nella provincia di Barcellona, nel periodo 1985-2001, Francesc Muñoz ha proposto una nuova critica al «modello Barcellona» che non riguarda le aree centrali ma piuttosto i bordi sempre più smarginati delle sue periferie, dove è avvenuta negli ultimi anni un' esplosione dell'edificazione di residenze unifamiliari:

Questa crescita del parco di abitazioni residenziali unifamiliari sarebbe stata tanto importante, da suggerire  una visione del territorio certamente lontana dall'immagine della riqualificazione urbana, della ricostruzione e della pianificazione ordinata, che era stata proposta a sintesi degli ultimi anni di evoluzione del territorio metropolitano. Un'immagine che era stata contrapposta a quella dell'urbanizzazione 'selvaggia' che aveva caratterizzato la crescita urbana esplosiva degli anni '50, '60 e '70. L'urbanizzazione propria dei grandi congiunti abitativi, dei poligoni di abitazioni, è rimasta nell'immaginario dell'urbanistica locale quale una fase di crescita senza pianificazione e con risultati materiali assai criticabili. Al contrario, gli anni '80 e '90 sono stati illustrati attraverso le politiche di ricostruzione urbana (...) come una tappa di crescita controllata o di non-crescita, della quale le operazioni di trasformazione urbana, i cambi di attività e  i miglioramenti agli spazi pubblici, erano i tratti definitori [Muñoz 2004, parte 1, 5].

Muñoz critica la retorica che vuole contrapporre la bontà delle scelte degli anni post-dittatura all'urbanizzazione selvaggia del periodo franchista, sostenendo che, per quanto riguarda il territorio metropolitano di Barcellona, negli ultimi anni «i processi di trasformazione dello spazio hanno dato luogo a un tipo di urbanizzazione dispersa che si rivela molto vicina ad una immagine di consumo indiscriminato del suolo e di occupazione del territorio, assai più selvaggia di quella di cui sono stati responsabili i grandi complessi abitativi di quaranta anni fa» [Muñoz 2004, ibidem].

Parallelamente dunque alle eccezionali azioni di riqualificazione e rinnovamento nelle aree centrali della città che hanno immortalato il modello Barcellona sulla scena internazionale, una metastasi sembra essersi sparpagliata quasi inosservata sul territorio, giungendo a fare dell'area metropolitana di Barcellona,  in poco più di trent'anni, uno dei più significativi casi di sviluppo di sprawl urbano in Spagna e in Europa.

Utilizzando la definizione di urban sprawl intendiamo ricollegarci a quell'area di studi che appartiene, ma non solo, all'ambito geografico-urbanistico, che negli ultimi anni ha evidenziato con sempre maggiore preoccupazione il prendere piede in Europa del fenomeno della dispersione urbana, che si verifica quando «l'insediamento dell'uomo si sdraia sguaiatamente sul territorio, lo invade divorandolo, cancellandone le caratteristiche sotto una massa di elementi artificiali» [Salzano 2006, 11].

Nel continente europeo la dimensione urbana si è andata storicamente sviluppando, nel percorso dei secoli, secondo le dinamiche della compattezza e di un rapporto equilibrato tra città e campagna, tuttavia, negli ultimi decenni, alcune preoccupate analisi hanno rivelato uno scenario in forte cambiamento. Ricordiamo in particolare il rapporto Urban Sprawl in Europe dell'European Environment Agency, sottotitolato significativamente «The ignored challenge» [EEA 2006]. In esso si rileva come: «le città europee fossero più compatte e meno disperse a metà degli anni '50 di quanto lo sono oggi e come oggi l'urban sprawl sia un fenomeno comune in tutta Europa. Inoltre non vi è alcun visibile rallentamento in queste tendenze. Le aree urbane particolarmente a rischio si trovano nelle parti meridionali, orientali e centrali dell'Europa» [EEA 2006, 7]. La provincia di Barcellona si configura come uno dei casi maggiormente rappresentativi del fenomeno, per quanto riguarda le zone costiere dell'Europa meridionale.

Gli effetti dello sprawl urbano comportano grandi costi alle collettività, come ben definisce Edoardo Salzano con il binomio «il danno emergente, il lucro cessante» [Salzano 2006, 10]. Il danno emergente è forse l'aspetto più evidente ed è «costituito dallo spreco di risorse pubbliche e dall'aumento del disagio sociale che esso provoca» [Salzano 2006, ibidem] Assieme al danno emergente, lo sprawl comporta un lucro cessante di «duplice ordine. Da un lato, esso è costituito dal fatto che vengono sottratte all'uso agricolo parti del territorio che storicamente erano finalizzate all'alimentazione delle città […] Dall'altro lato, esso è costituito dalla perdita di quella risorsa, indispensabile per elevare la qualità dell'habitat umano, e quindi anche per attirare residenti e visitatori, costituita dalla bellezza, dall'ordine, dalla civiltà – in una parola, dalla qualità – della città e del territorio sul quale si vive» [Salzano 2006, 11].

Come è allora possibile fare emergere gli aspetti principali di questo danno emergente e lucro cessante, fornire cioè un'immagine, un'ecografia, pur approssimativa, di questa metastasi nascosta? Di volta in volta, di contesto in contesto, diventa dunque necessario raccogliere dati, informazioni, per costruire un'immagine, dapprima di livello quantitativo, del fenomeno.

Alcuni dati raccolti ed elaborati da Muñoz rivelano l'entità e la gravità dello sprawl in Catalogna nel caso specifico della provincia di Barcellona: a parte è mostrata una tabella che ricapitola, in valori percentuali, i dati che riguardano la produzione residenziale  nella provincia di Barcellona nel periodo 1978-2005. I dati, sulla base delle ampiezze demografiche dei municipi, distinguono dimensione dell'abitazione (unifamiliare o plurifamiliare) e tipologia, aislados (edifici isolati) o adosados (villette a schiera). Si può notare come, nel costruito totale del periodo considerato, il formato unifamiliare rappresenta ben un 30,75% e, nei comuni fino a 10.00 abitanti, rappresenti la percentuale maggiore tra le tipologie di edifici costruiti. Muñoz aggiunge che «tra il 2002 e il 2005 sono state costruite 40.281 case unifamiliari nella provincia di Barcellona, cioè più di 10.000 all'anno o, che è la stessa cosa, 1,25 case unifamiliari all'ora» [Muñoz F. 2007, 42].

Tale urbanizzazione dispersa, avvenuta mentre l'attenzione generale si concentrava sullo sviluppo, la riqualificazione e la promozione del centro di Barcellona, quale modello da proporre sulla scena internazionale, ha prodotto nel volgere di pochi anni «una secuencia de manchas urbanizadas» [Muñoz F. 2007, ibidem] che ha portato Muñoz a coniare, per definire questo fenomeno, il termine «urbanalización» [Muñoz F. 2004]. Tale definizione è una delle tante che sono state costruite dalla letteratura internazionale sullo sprawl [Magnaghi 2009, 73], ognuna delle quali nasce da specifici contesti e percorsi di ragionamento, alcuni volti ad esaltare, altri a criticare, altri a considerare con neutralità il fenomeno. Il termine scelto da Muñoz, urbanalización, non lascia dubbi sul suo orizzonte semantico. Utilizzeremo di frequente l'espressione nel corso di questo testo, poiché ci pare un valido strumento per comprendere le dinamiche specifiche del contesto catalano.

Un primo carattere di questa urbanalizzazione è dato dalla eccessiva specializzazione che i luoghi  vengono ad assumere con lo sprawl: interi paesi dormitorio, costituiti da villette a schiera,   configurano dei veri e propri «monocultivos residentiales», dotati di una spaventosa povertà funzionale [Muñoz F. 2008, 202]. Si riscontra dunque una situazione di  in-sostenibilità ambientale sostenuta («insostenibilidad sostenida»), caratterizzata dalla clonazione delle forme abitative e urbanistiche tipiche delle villettopoli e delle case sparse [Muñoz F. 2007, 42-43]. Tali caratteristiche sono intimamente legate a dinamiche di segregazione sociale, a seconda delle fasce di reddito, partendo dalle più economiche casas adosadas alle più costose casas aisladas. L'abitazione viene a costituire dunque un vero e proprio «filtro social» [Muñoz F. 2007, 43].

In tali contesti il concetto di spazio pubblico muta profondamente, e i tentativi di costruire luoghi come piazze e giardini, per ricreare forme di socialità, si rivelano  imprese fallimentari in partenza, mancando la densità, cioè il numero di persone che ne possa garantire la vitalità; la costruzione di innumerevoli giardini e piscine collegate alle residenze rivela inoltre la privatizzazione e segregazione di luoghi che tradizionalmente avevano carattere pubblico e d'incontro [Muñoz F. 2008, 209].

L'ampio lavoro di Muñoz ha contribuito a riconoscere e definire, a livello quantitativo, la forte dispersione insediativa che si è verificata negli ultimi decenni nella provincia di Barcellona; sono state tuttavia rare analisi più ravvicinate sulle caratteristiche dell'urbanalización, che abbiano avuto l'obiettivo di verificare come gli abitanti di queste aree percepiscano e rappresentino, a se stessi e all'esterno, la condizione del vivere nello sprawl urbano catalano.

Per integrare il quadro delle ricerche, in questo articolo accenniamo ai risultati di una serie di interviste semi-strutturate, condotte nel mese di settembre 2009 presso un settore del comune di Sant Just Desvern, chiamato barri Plana Padrosa-Bellsoleig (barri è il termine catalano per rione), caratterizzato da una forte presenza di abitazioni unifamiliari, sia isolate che a schiera, costruite in differenti periodi a partire dagli anni '60 e di cui una parte è ancora in fase di realizzazione. Lo strumento dell'intervista semi-strutturata applicato a indagini di questo tipo era già stato testato con profitto in una ricerca cui abbiamo partecipato condotta nei primi mesi del 2009 nell'ambito delle attività di un gruppo di ricerca coordinato dalla geografa Paola Bonora dell'Università di Bologna, sul tema della dispersione insediativa in provincia di Bologna. I risultati vennero presentati pubblicamente nel convegno «Interpretare la neourbanità. Prospettive per l'organizzazione metropolitana. Dalla città de-formata alla città alleanza di città» svoltosi a Bologna il 20 maggio 2009 e sono stati  sintetizzati in una serie di pannelli visibili on-line. Una pubblicazione successiva ha poi approfondito i temi del convegno [Bonora P., Cervellati P.L. 2009].

Nei paragrafi che seguono forniremo dapprima alcuni dati utili per inquadrare la situazione del municipio di San Just Desvern e accenneremo quindi ai risultati dell'indagine.

Demografia e urbanizzazione di Sant Just Desvern

Sant Just Desvern è un municipio di 15.811 abitanti (dati aggiornati al 2009 forniti da Idescat, l'istituto statistico della Catalunya) della comarca del Baix Llobregat, situato a circa sette chilometri dal centro di Barcellona alla quale è collegato da due strade importanti: l'autopista B23 e la strada nazionale N-340, Carrettera Reial. Il comune si trova situato nel bacino idrografico del Rio di Sant Just, nel versante sud-occidentale della Serra di Collserola, ai confini di un patrimonio ambientale di grande importanza. La sua superficie è di 7,81 chilometri quadrati, dei quali il 40% circa fa parte della suddetta area naturalistica. La storia dell'insediamento risale all'epoca medievale e conosce un’evoluzione demografica che, secondo i dati dell'Idescat, da una popolazione di 236 abitanti nel 1717, nel 2009 porta il municipio a 15.811 abitanti. Come è possibile vedere dal grafico (nostra rielaborazione dei dati Idescat), un aumento particolarmente consistente di popolazione si è avuto negli anni '50 -  primi anni '60; dopo tal periodo, pur se con maggiore lentezza, la popolazione ha comunque continuato a crescere.

Per quanto riguarda il parco edilizio e le recenti dinamiche dell'abitare, troviamo informazioni più specifiche  nel recente Pla local d’habitatge 2009-2014  dell'Ajuntament de Sant Just Desvern. Nel documento di sintesi del piano vengono resi noti i dati relativi al patrimonio abitativo comunale [Ajuntament de Sant Just Desvern 2009]. L'età media del parco abitativo è di 39,8 anni, inferiore dunque alla media per la provincia Barcellona che è di 42,3; ciò mostra, a conferma dei dati demici, come una buona parte dell'urbanizzazione del municipio sia piuttosto recente. Un altro dato importante riguarda la superficie media degli immobili, molto superiore a quella della provincia, fattore dovuto alla predominanza di edilizia unifamiliare. Il parco abitativo, sempre in relazione alla tipologia unifamiliare, risulta in gran parte costituito da residenze in proprietà. Per quanto riguarda il numero delle abitazioni, nel 2008 il parco conta 6.355 unità, di cui 614, cioè il 9,7%, costruito nel periodo 2002-2008 [Ajuntament de Sant Just Desvern 2009, 11]. Questi dati dunque ben si collegano a quelli di livello più generale, raccolti nel lavoro di Muñoz e citati in precedenza, mostrando come Sant Just si inserisca appieno nelle dinamiche dell'urbanizzazione basata sull'edilizia unifamiliare. La futura pianificazione del municipio prevede inoltre la realizzazione di ulteriori 1935 abitazioni (di cui 582 a prezzi protetti), di cui tre lotti in zona Bonaigua, estendendo cioè l'urbanizzazione Plana Padrosa-Bellsoleig (per un totale previsto di 268 abitazioni) [Ajuntament de Sant Just Desvern 2009, 10].

Altro dato estremamente significativo, evidenziato nel documento, riguarda il fortissimo squilibrio tra le possibilità dei compratori e l'offerta edilizia. Si dice infatti che «il potenziale compratore d'abitazione in proprietà è disposto a pagare in media 290.000 € per l'abitazione mentre il mercato offre a Sant Just un prezzo medio di 900.000 €» [Ajuntament de Sant Just Desvern 2009, 13]. Si verifica dunque per Sant Just un fortissimo filtro che determina, e sempre più determinerà, un'estrema specializzazione dell'area, dal punto di vista della sua composizione sociale.

Del comune di Sant Just Desvern  abbiamo focalizzato, come detto, l'attenzione su una specifica zona, il barri Plana Padrosa-Bellsoleig, che spicca come un lembo staccato dal nucleo storico del municipio ed è posto in posizione sopraelevata rispetto ad esso, su un versante della valle, alle pendici della Serra de Collserola e sormontato dalla collina Penya del Moro. Il barri venne edificato nella seconda metà del secolo scorso nel luogo dove precedentemente si trovava una masia, costruzione rurale tipica della Catalogna, circondata da terreno agricolo e selvatico; tale terreno venne in seguito parcellizzato, dando via a successive ondate di edificazione, che nel corso di cinquant'anni hanno dato vita a questo brandello urbanizzato distaccato dal centro storico. Nella carta è identificato il barri Plana Padrosa-Bellsoleig in relazione al centro storico-parte bassa di Sant Just (il documento cartografico è tratto dalla Guia de Catalunya, Generalitat de Catalunya. Il barri Plana Padrosa è costituito da una parte più antica, risalente agli anni '50 situata intorno alla Plaça de Monfalcone e da urbanizzazioni più recenti. Vi prevale la tipologia unifamiliare della casa aislada ma compaiono anche linee di casas adosadas. Nella seconda carta, tratta sempre dalla Guia de Catalunya, Generalitat de Catalunya, si nota il gran numero di piscine presenti nei giardini delle abitazioni (ben visibile anche tramite la consultazione di fotografia aerea). La scelta di concentrare l'attenzione su questa parte di Sant Just è dovuta al fatto che tale urbanizzazione si rivela un utile esempio per osservare da vicino il fenomeno della urbanalización costituita da casas aisladas unifamiliari.

Alcuni dati dall'analisi sul campo.

L'indagine sul campo si è svolta tramite la realizzazione di una serie di interviste semi-strutturate rivolte ad abitanti dell'urbanizzazione della Plana Padrosa-Bellsoleig, nel mese di settembre 2009. Per aiutare il lettore a rendersi conto dell'urbanizzazione in oggetto, abbiamo reso disponibile on-line una galleria fotografica.

Gli intervistati sono stati 17: 4 femmine e 13 maschi. Per quanto riguarda le tematiche delle interviste semi-strutturate è stata composta una traccia basata su tre ambiti principali:

1) Motivazioni e aspettative che sono state alla base della scelta di andare a vivere a Sant Just.

2) Principali ambiti di gravitazione negli spostamenti settimanali.

3) Valutazione da parte dell'intervistato del livello di qualità della vita a Sant Just per quanto riguarda la vita di comunità e le relazioni sociali.

Dalle risposte riguardanti il primo ambito abbiamo ricavato la durata del periodo di residenza nel barri Plana Padrosa-Bellsoleig: come possibile vedere nel grafico, la maggioranza vi abita da un tempo che va dai 40 ai 31 anni, il loro arrivo risale cioè alle urbanizzazioni degli anni '70. Nessuno degli intervistati è nato a Plana Padrosa-Bellsoleig (prevedibile dato il carattere recente dell'urbanizzazione), alcuni però vivevano già a Sant Just ma nella parte bassa-centro storico. Come è possibile vedere dal grafico la maggior parte è giunta da altri municipi della provincia, da Barcellona città e da Sant Just altra zona (cioè parte bassa-centro storico).

Per quanto riguarda i motivi  alla base della scelta del venire a vivere a Plana Padrosa-Bellsoleig, la maggioranza ha indicato la motivazione principale nella presenza di una migliore qualità di vita dovuta alla vicinanza della natura (l'urbanizzazione, come accennato confina con la Serra de Collserola), mentre una persona ha dichiarato di esservisi spostata per motivi di salute a causa della buona insolazione dell'area (il nome Bellsoleig richiama proprio questa caratteristica del luogo).

Per quanto riguarda il secondo ambito dell'intervista che riguarda i principali poli gravitazionali che determinano gli spostamenti settimanali, ne sono stati nominati sette che in ordine di importanza sono: la parte bassa-centro di Sant Just Desvern (nominata in 11 interviste), Barcellona città (9 interviste), seguono quindi i comuni di San Feliu, Pont d'Esplugues, Prat de Llobregat, Mataró, Cerdanyola e Girona. I primi comuni di questa ultima serie si trovano direttamente confinanti con Sant Just o comunque nelle prossimità.

Da questi dati, tenendo conto delle fasce d'età degli intervistati (con una netta preponderanza dalla fascia 60-74 anni che spiega alcune cifre come la bassa frequenza relativa con cui sono stati indicati gli spostamenti per lavoro o vita sociale) si nota in ogni caso il potere di attrazione della parte bassa di Sant Just Desvern per quanto riguarda gli acquisti della vita quotidiana, mentre Barcellona si configura come il polo d'attrazione delle attività lavorative e ricreativo-sociali.

Il terzo ambito infine riguarda le valutazioni degli intervistati in merito alla qualità della vita comunitaria e delle relazioni sociali nel rione Plana Padrosa-Bellsoleig. Nove intervistati hanno dato una valutazione complessiva positiva mentre cinque una valutazione complessiva negativa della qualità della vita di comunità. Due intervistati, va notato, hanno descritto l'urbanizzazione con lo specifico termine di «pueblo dormitorio».

L' «urbanalización» prende forma

Quanto emerso nell'indagine cui abbiamo sinteticamente accennato ci pare possa essere utile per meglio comprendere il fenomeno dell'urbanalización. Le risposte  riguardanti il primo ambito hanno rivelato come motivazione principale dell'andare a vivere in località Plana Padrosa-Bellsoleig il desiderio di una maggiore qualità di vita per quanto riguarda la vicinanza alla natura, la possibilità di avere un proprio giardino e la tranquillità. Questa motivazione trova una conferma anche nel livello di soddisfazione complessivo dichiarato per quanto riguarda la vita di comunità e le relazioni sociali (ambito 3): pur evidenziando vari intervistati limiti e difficoltà in quest'ambito, la maggioranza comunque si dice soddisfatta della situazione; in alcuni casi viene dichiarata apertamente soddisfazione per l'isolamento e le scarse relazioni sociali.

Questa soddisfazione è per noi indicativa di un cambiamento culturale significativo che prende la forma di un allontanamento deciso dalle dimensioni della convivialità verso il ritirarsi in piccole oasi recintate; spazi e luoghi un tempo pubblici, come il parco, il giardino, la piscina, etc. diventano così oggetto del godimento esclusivamente privato. Questa nuova cultura dell'abitare prevede un livello molto basso di interazioni sociali tra gli abitanti delle varie oasi, interazioni che si vanno riducendo, come bene evidenzia Muñoz , «al breve spazio compreso tra il sorriso e il saluto. Sorridere e salutare, nel modo in cui il bambino o il visitatore si appropriano del parco tematico, del centro storico o dello spazio pubblico. Chi non sorride e saluta, non lo sa o non lo può fare, semplicemente non può abitare la città urbanale» [Muñoz F. 2008, 212-213]. L'apparenza è strumento necessario per rendere accettabile quello che è in realtà un deserto relazionale, un insieme di cubiculi dove dormire e poco altro.

I luoghi delle relazioni nello sprawl non sono più gli stessi della città compatta, e il caso del barri Plana Padrosa-Bellsoleig sembra dimostrarlo con evidenza. Muñoz sostiene a riguardo che «A differenza degli spazi pubblici della città compatta, tradizionalmente concepiti come luoghi per "stare" e, per tanto, strettamente vincolati all'idea della densità urbana, gli spazi pubblici nei dintorni dell'urbanizzazione dispersa dovranno ispirarsi molto di più alla mobilità, dal momento che questa definisce in maniera importante la cultura della popolazione residente. Così per esempio, i nuovi spazi pubblici potranno cominciare a venire progettati in associazione agli elementi fisici o agli spazi tipologici che garantiscono e organizzano questa mobilità, come possono essere le stazioni dei benzinai (…)» [Muñoz F. 2008, 210].

Vorremmo concludere presentando un immagine che mostra alla fermata del capolinea in Piazza Monfalcone una persona sola che aspetta il bus e nell'attesa parla al telefono. L'immagine ci sembra significativa nel mostrare non solo la dimensione spaziale dell'urbanalizzazione ma anche quella temporale. Non esistono più vere attese nell'era della telefonia cellulare ma solo una serie di spazi da riempire e il telefono può diventare dunque uno strumento formidabile in questo processo di riempimento,  portando nella dimensione temporale l'omogeneizzazione degli usi e dei comportamenti: «La medesima tendenza verso l'equalizzazione territoriale che mostrano gli usi del suolo e i programmi urbanistici in città e territori assai differenti, appare riprodotta in ciò che si riferisce all'uso del tempo. E' questa doppia caratteristica ciò che conferisce il suo carattere totale alla urbanalización» [Muñoz F. 2008, 215]. Nonostante queste tensioni e limiti, sono però proprio questi non-luoghi (o forse neo-luoghi) quali fermate del bus e simili, gli ambiti dove ci è stato possibile riscontrare germogli di relazioni, dove abbiamo potuto parlare alla gente e dove abbiamo individuato  gli aspetti più vicini alla dimensione della piazza e del luogo pubblico tipici della città storica europea. In qualche caso l'amministrazione, probabilmente senza particolare intenzionalità, ha posto a Plana Padrosa-Bellsoleig una panchina nei pressi di alcune fermate, contribuendo alla nascita di questi luoghi. Simili azioni potrebbero forse essere, se ben ragionate e coerentemente sviluppate, una modalità per ridare un respiro di socialità e convivialità all'area.

Bibliografia

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DOI 10.1473/quadterr01
Storicamente 2011

Published: December 8th 2011

 

 

Notes

[1] Le traduzioni dallo spagnolo e dal catalano sono state realizzate dall'autore


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