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Vincenzo Ferrone, La società giusta ed equa. Repubblicanesimo e diritti dell'uomo in Gaetano Filangieri

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«Che cosa significa la politica per gli uomini del tardo Illuminismo?» Se ne ha una concezione autonoma? Esistono pratiche, rappresentazioni e discorsi specifici di essa, che la distinguano dalle pratiche, rappresentazioni e discorsi dell'epoca rivoluzionaria? Che peso ha in Italia il linguaggio dei "diritti dell'uomo", nel periodo che va dalla Rivoluzione americana alla Rivoluzione francese? Qual è il contributo dell'Illuminismo italiano all'Illuminismo europeo?

A queste domande cruciali per la nascita della modernità cerca di dare risposta La società giusta ed equa, che si apre con una premessa significativamente volta a riscoprire «le radici illuministiche della cultura democratica e repubblicana dell'Italia contemporanea». In questo senso, Vincenzo Ferrone riprende e sviluppa i motivi ideali che avevano ispirato la Postfazione a L'Illuminismo. Dizionario storico (Bari, Laterza, 1997), da lui curato insieme a Daniel Roche, dove i Lumi emergevano come un «complesso sistema culturale» in rottura con il passato. Nella difesa del «progetto illuminista», l'ingiunzione kantiana del sapere aude viene nuovamente proposta quale mezzo indispensabile a ripensare «criticamente e coraggiosamente il presente», contro il nichilismo post-moderno e contro ogni forma di fondamentalismo, religioso o politico.

Rielaborando e reinterpretando, in termini nuovi e talvolta divergenti, temi che ha affrontato quindici anni fa ne I profeti dell'Illuminismo (Bari, Laterza, 1989), Ferrone costruisce l'argomentazione della Società giusta ed equa su concetti forti e parole chiave, quali il «linguaggio dei diritti», il «repubblicanesimo», il «costituzionalismo». Al centro della narrazione e suo filo conduttore è la Scienza della Legislazione di Gaetano Filangieri (1780-87), opera fondamentale dei Lumi italiani che porta «il giusnaturalismo europeo al suo massimo grado di sviluppo teorico» (p. VII), e ha oggi finalmente la sua edizione critica, diretta dallo stesso Ferrone (La scienza della legislazione, voll. 7, Centro di studi sull'Illuminismo europeo "G. Stiffoni", Venezia, 2003-04).

Esplicito bersaglio polemico della Società giusta ed equa è la tradizione storiografica di derivazione crociana, che ha condannato i patrioti napoletani al ruolo di semplici «comparse», a personaggi marginali per l'«identità storica italiana»: «grandi idealisti e cattivi politici», secondo la fortunata ma fuorviante espressione dello stesso Croce. Al contrario, i caratteri originali del tardo Illuminismo italiano ed europeo prendono forma nella nuova "scienza" filangieriana, e si propongono come una via alternativa (e ora anche vincente) alla modernità, rispetto a quella rappresentata dall'esito rivoluzionario del 1789. Spezzato il legame tra idee dei Lumi e Rivoluzione in Francia, a emergere sono, piuttosto, il linguaggio dei diritti e l'esperienza della Rivoluzione in America. Non a caso, nella trama narrativa di Ferrone, Filangieri è contrapposto a Francescantonio Grimaldi, nemico dichiarato del nascente mondo americano e teorico dell'«ineguaglianza».

La società giusta ed equa presenta una struttura bipartita. Nella prima sezione i temi principali dell'opera filangieriana sono analizzati e riportati, secondo le priorità della storia culturale, al contesto massonico, e quindi alla dimensione in cui si articola la sfera pubblica napoletana. Movendo dalla critica al regime feudale, arbitrario e anti-economico, e dal rifiuto della polarizzazione delle ricchezze nelle mani di pochi, si mostra come La Scienza della Legislazione delinei una nuova politica "morale" ex parte civium, che prende a modello il diritto della Roma repubblicana, e si oppone tanto al costituzionalismo cetuale di Montesquieu, quanto al repubblicanesimo classico di Rousseau. La seconda sezione si focalizza, invece, sulla fortuna di Filangieri, sulla sua influenza, sul progetto costituzionale di Mario Pagano e sulla tradizione democratica europea di inizio Ottocento, attraverso le critiche articolate di Vincenzo Cuoco e Benjamin Constant. È questa - sottolinea Ferrone - «un'eredità difficile».

Il quadro ideologico che sta dietro a tale interpretazione dell'Illuminismo è riconosciuto apertamente dall'autore, quando fa riferimento alla frattura epocale rappresentata dalla caduta del muro di Berlino. Ponendosi all'interno di quel rinnovamento degli studi che, di fronte al fallimento dello statalismo della 'vecchia sinistra', ha riscoperto concetti come quello di «società civile», Ferrone individua «accanto al Settecento delle riforme, così caro a Franco Venturi, un altro e non meno importante Settecento dei diritti dell'uomo, del costituzionalismo, del patriottismo repubblicano, della creazione della sfera pubblica, delle pratiche culturali e dei linguaggi della modernità. Un Settecento che vide l'Illuminismo italiano direttamente coinvolto nella nascita della coscienza democratica europea» (pp. XIV-XV).

Ferrone propone, così, una lettura innovativa del sistema culturale dei Lumi italiani, basata su una definizione molto ampia dei concetti di repubblicanesimo e costituzionalismo, che dovrà essere vagliata e verificata negli studi futuri