Storicamente. Laboratorio di storia

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Edoardo Manarini, “I due volti del potere. Una parentela atipica di ufficiali e signori nel regno italico”

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Edoardo Manarini, “I due volti del potere. Una parentela atipica di ufficiali e signori nel regno italico”, Milano, Ledizioni, 2016, 395 pp.

Il volume nasce dalla tesi di dottorato, parzialmente rielaborata, discussa dall’a. nel 2014. Il tema affrontato è l’analisi dell’evoluzione strutturale, patrimoniale e politica di un ‘gruppo parentale’, gli Hucpoldingi, nell’arco di tredici generazioni: dalla metà del secolo IX con l’arrivo in Italia del capostipite Hucpold, membro della Reichsadel carolingia e conte di palazzo di Ludovico II, fino al secolo XII, quando, dopo due secoli passati ai vertici dell’aristocrazia italica grazie alla detenzione di importanti uffici pubblici – tra cui spicca quello del ducato spoletino – e agli stretti legami parentali con il potere regio, i vari rami della parentela presa in esame risultano ormai autonomi, sia a causa della distanza delle aree patrimoniali in cui essi decisero di consolidarsi, sia per le evoluzioni sociali e antropologiche occorse nelle strutture famigliari a partire dal secolo XI.

Tali rami della parentela sono stati già parzialmente analizzati dalla storiografia, sebbene singolarmente e in un’ottica prevalentemente prosopografica: principale merito di questo studio è dunque quello di coniugare le informazioni note con nuove prospettive di ricerca in modo da permettere all’a. di individuare i nessi parentali mancanti e di conseguenza costruire ipotesi interpretative che tengano conto del gruppo parentale nella sua interezza. Già dall’introduzione è messa in risalto la collocazione dell’opera all’interno di quel filone storiografico incominciato con la teorizzazione da parte di Gerd Tellenbach dei criteri della Personenforschung, volti a superare la concezione delle parentele altomedievali come semplici discendenze patrilineari studiate principalmente in relazione alle trasmissioni patrimoniali. A ciò l’a. aggiunge l’uso del nuovo metodo di costruzione degli alberi genealogici ideato da Tiziana Lazzari (cfr. il convegno padovano del 2005 Agire da donna), volto a tenere conto anche graficamente della funzione determinante delle parentele femminili nello sviluppo dell’azione politica dei gruppi parentali altomedievali, riconosciuti dal più recente dibattito storiografico come fortemente connotati da un carattere cognatizio di percezione della parentela stessa: l’appendice con le numerose tavole genealogiche risulta dunque fondamentale al lettore sia per seguire il discorso districandosi fra i vari personaggi citati, sia per chiarire i concetti legati all’interpretazione delle dinamiche d’azione politica e di evoluzione sociale portati avanti in questo studio.

La struttura tripartita del volume è funzionale a evidenziare i principali apporti dell’opera all’attuale panorama storiografico. Nella prima parte sono mostrati i risultati della ricostruzione della parentela, i quali tuttavia non sono esposti in modo sterilmente genealogico, bensì inseriti nel contesto politico: l’analisi dell’attivazione di nessi parentali è infatti usata per definire l’azione politica sia degli Hucpoldingi sia degli altri gruppi parentali del regno italico con cui essi si relazionarono, in modo tale da arrivare a nuovi spunti interpretativi particolarmente interessanti: tra cui merita di essere sottolineata la riflessione sulla trasmissione della funzione marchionale in Tuscia, che risulta nel corso dei secoli X e XI sempre concessa a individui imparentati con gli Hucpoldingi per via femminile, tanto da poter intendere tale parentela alla stregua di un prerequisito per l’attribuzione della funzione stessa.

La seconda parte esamina, attraverso un nuovo vaglio delle fonti archivistiche, le diverse forme di costruzione e gestione del patrimonio, nonché le differenti modalità di interazione che gli Hucpoldingi instaurarono con istituzioni e reti di clientele locali nei tre principali centri del loro potere fondiario: Esarcato, Tuscia e Bolognese. Queste aree, che pur riconobbero per larga parte del periodo preso in esame la medesima autorità politica, erano invero caratterizzate da differenti costumi giuridici, sociali e di gestione della terra, costringendo dunque tale parentela ad adattarsi ai differenti contesti con soluzioni a volte anche innovative, come il rapporto diretto, talvolta molto ostile, con l’arcivescovo ravennate, oppure come l’inserimento nella gestione di beni fiscali controllati attraverso fondazioni monastiche connesse al potere marchionale in Tuscia, oppure infine come la costituzione di un sistema organico di centri fortificati e monasteri privati nell’Appennino bolognese.

L’opera si conclude con la terza parte che approfondisce le due principali peculiarità della vicenda hucpoldingia rispetto al panorama italico coevo: in primo luogo il grado, particolarmente elevato, di consapevolezza di se stesso che il gruppo parentale mostra, dovuto anche alla professione di legge ripuaria – unica nel regno italico e minoritaria negli altri regni carolingi e post-carolingi – la quale acquisisce una funzione cardine nella memoria identitaria del gruppo tanto da far coincidere il suo abbandono con la progressiva destrutturazione localizzata dei diversi rami nelle rispettive aree di maggiore influenza patrimoniale e, in secondo luogo, il precipuo carattere della trasformazione della natura del potere esercitato, contraddistinto da una precoce dinastizzazione delle cariche pubbliche detenute, ma al contempo anche da un radicamento signorile perseguito prevalentemente in aree esterne ai distretti pubblici controllati.