Storicamente. Laboratorio di storia
ambizioni di conquista di Stalin

Gli articoli della Deutsche Adria Zeitung segnalavano ossessivamente come fosse del tutto sbagliata l'interpretazione che vedeva in Stalin il prosecutore, sotto altre vesti, di una politica espansionista di matrice zarista. Per i giornalisti tedeschi egli certamente non era un «piccolo padre Giuseppe», ma il «leader della rivoluzione mondiale bolscevica, il capo del comunismo planetario»[1]; del tutto conseguentemente, l'Armata rossa non era un qualunque esercito, bensì «lo strumento di guerra del comunismo internazionale»[2], il cuneo che doveva aprire le strade dell'Europa e del mondo alla diffusione della peste rivoluzionaria e bolscevica. Far cadere l'accento sul carattere rivoluzionario della guerra combattuta dall'Urss, sulle ambizioni di sovvertimento dell'ordine mondiale che guidavano la strategia bellica del Cremlino, serviva ai tedeschi per confermare a oltre tre anni di distanza la validità del paradigma in base al quale i tedeschi avevano giustificato di fronte al mondo l'invasione dell'Urss, ma soprattutto a cercare di stringere attorno alla Germania tutte quelle forze politiche e sociali europee che vedevano nel comunismo il male supremo. Gli Stati democratici, insinuavano i tedeschi, non avevano sufficiente determinazione per opporsi a Stalin e compromesso dopo compromesso avevano fatto del leader sovietico il grande manovratore del conflitto e il sicuro padrone del dopoguerra: solo la Germania nazionalsocialista rappresentava un baluardo sicuro e inflessibile e ad essa, non all'America o all'Inghilterra, avrebbero dovuto dare il loro sostegno tutti quei popoli europei che avessero voluto scongiurare la bolscevizzazione del vecchio continente e del mondo intero.

[1] Zar Joseph oder Genosse Stalin? Die sowjetische Außenpolitik, «Deutsche Adria Zeitung» n°110, 3 maggio 1944.

[2] Zar Joseph oder Genosse Stalin? , cit.