Storicamente. Laboratorio di storia
Le foibe del 1945: un dibattito ancora aperto

Nell’area giuliana e in particolare a Gorizia e a Trieste, dopo aver assunto il controllo sul territorio, le autorità jugoslave applicarono misure repressive a cui viene comunemente dato il nome di “foibe” (o “foibe del 1945”). Questo termine risulta alquanto generico e ingloba una serie di pratiche e provvedimenti piuttosto ampia e variegata. All’interno dell’espressione “foibe”, anche nell’uso che ne viene da molti testimoni nei loro racconti, rientrano innanzitutto gli arresti e le deportazioni di alcune componenti della popolazione. Ampia parte delle persone catturate vennero rilasciate dopo essere state interrogate. Alcune persone subirono un processo sommario da parte di tribunali militari costituiti in brevissimo tempo e vennero uccise (e di queste solo alcune vennero gettate nelle cavità carsiche). Altri vennero deportati nei campi di concentramento all’interno della Jugoslavia. Di qualcuno non si ebbe più notizia. Gli arresti riguardarono militari della Rsi, membri dell’apparato politico-militare nazifascista, individui comuni collusi con il passato regime, funzionari e dirigenti ma anche esponenti del Cln, sloveni anticomunisti e coloro che manifestavano apertamente un orientamento filoitaliano. Tali operazioni vennero attuate per lo più dalla IV armata e dall’Ozna. Non bisogna, però, dimenticare che numerosi furono i casi di vendette private e di delazioni dovute a motivi personali. Sul reale progetto che mosse queste azioni il dibattito storiografico è ancora vivo. Ad ogni modo, risulta abbastanza assodato il fatto che, oltre alla volontà di epurare tutto l’apparato che faceva riferimento al regime fascista, ci sia stato il tentativo di ridurre al minimo l’opposizione al nuovo ordine che si stava instaurando, perseguendo, almeno in alcuni casi, un preciso progetto politico. Sull’entità di tali misure, sull’effettivo numero di arrestati e deportati e sulla quantità di persone uccise e gettate nelle foibe non si è ancora giunti ad un dato condiviso.
Infine, non bisogna dimenticare che il tema delle foibe e delle violenze perpetrate dagli jugoslavi durante i quaranta giorni venne massicciamente sfruttato a fini propagandistici durante gli scontri per l’appartenenza nazionale dell’area nel tentativo di dipingere gli slavo-comunisti come dei barbari, violenti e senza scrupoli, indegni e incapaci di governare.

Riguardo al complesso dibattito su questi argomenti può essere utile consultare: R. Spazzali, R. Pupo (eds.), Foibe, Milano, Bruno Mondadori, 2003; R. Pupo, Il lungo esodo, Milano, Rizzoli, 2005; Id. Guerra e dopoguerra al confine orientale d’Italia (1938-1956), Udine, Del Bianco, 1999; R. Spazzali, Epurazione di frontiera. Le ambigue sanzioni contro il fascismo nella Venezia Giulia 1945-1948, Gorizia, Leg, 2000; R. Spazzali, Foibe: un dibattito ancora aperto. Tesi politica e storiografica giuliana tra scontro e confronto, Trieste, Editrice Lega Nazionale, 1990; G. Valdevit (ed.), Foibe. Il peso del passato, Venezia, Marsilio, 1997; E. Macerati, L’occupazione jugoslava di Trieste, maggio - giugno 1945, Udine, Del Bianco, 1966; G. Oliva, Foibe. Le stragi negate della Venezia Giulia e dell’Istria, Mondadori, Milano 2002; F. Miccoli, La ricerca storica sulle deportazioni, “Iniziativa isontina”, (1994); C. Cernigoi, Operazione “Foibe”. Tra storia e mito, Udine, Kappa Vu, 2005; P. Vice, La foiba dei miracoli. Indagine sul mito dei sopravvissuti, Udine, Kappa Vu, 2008.