Storicamente. Laboratorio di storia
Fonti orali: l’analisi delle reticenze e degli errori

Gli errori e le reticenze ci rivelano tanta verità quanto una testimonianza accurata e precisa e hanno un valore storico paragonabile alle memorie più copiose e lucide. Il fatto d’analizzare gruppi caratterizzati da memorie divise e memorie pubbliche largamente frammentate in memorie collettive plurime in lotta tra di loro, ci costringe a prestare ancora maggior attenzione a questi aspetti. La mancanza di accenni ad un fatto particolarmente traumatico, l’ipertrofia di altri, la descrizione minimale di elementi apparentemente secondari, sono aspetti in grado di stimolare riflessioni approfondite che rischierebbero di sfuggire alle fonti “tradizionali”. Non che un documento scritto non presenti lati oscuri, omissioni più o meno volontarie o vere e proprie falsità. Ma nel caso delle fonti orali abbiamo forse a disposizione un maggior numero di elementi per individuarli, esplicitarli e renderli “significativi”.
L’attendibilità delle fonti orali è un’attendibilità diversa. L’interesse della testimonianza non consiste solo nella sua aderenza ai fatti ma anche nella sua divaricazione da essi, perché in questo scarto si insinua l’immaginazione, il simbolico, il desiderio. […] La loro diversità consiste nel fatto che anche quelle attualmente inattendibili ci pongono seri problemi (e offrono serie opportunità) di interpretazione storica – se non altro il problema delle ragioni dell’errore – per cui questi insostituibili, preziosissimi errori rivelano a volte cose più importanti che se dicessero “la verità” [L. Passerini, Storia e soggettività. Le fonti orali, la memoria. Firenze, La Nuova Italia, 1988, 13].
Questo approccio ha avuto delle profonde conseguenze anche sull’analisi del rapporto tra memorie e identità. Possiamo dire che: «l’identità è in gran parte costituita dalla memoria ma, visto che la memoria è analizzabile essenzialmente come una pratica narrativa, anche l’identità assume lo stesso carattere, e si espone alla stessa multiformità e multidimensionalità della narrazione» [P. Jedlowski, Memoria, esperienza, modernità. Memorie e società nel XX secolo, Milano, Franco Angeli, 2002, 110].