Storicamente. Laboratorio di storia

Tecnostoria

La Madonna del Cardellino di Raffaello Sanzio di Perla Gianni Falvo. Filmato del restauro in alta definizione

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Abstract
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Raffaello trascorse a Firenze gli anni dal 1504 al 1508, allora per le vie della città si incontravano Leonardo e Michelangelo, Botticelli, Perugino, Andrea della Robbia, Fra’ Bartolomeo, Andrea del Sarto; era un’epoca speciale e quella eredità culturale fa parte del nostro patrimonio.

Prima del restauro.
Prima del restauro.
Storyboard.
Storyboard.
Spolvero.
Spolvero.
Indagini.
Indagini.
Stuccatura.
Stuccatura.
Dopo il restauro.
Dopo il restauro.

La Madonna del Cardellino fu dipinta intorno al 1506 per le nozze di Lorenzo Nasi, ricco mercante fiorentino. Ma il 12 novembre 1547 Palazzo Nasi crollò per uno smottamento del terreno in Costa S. Giorgio e la tavola fu recuperata in pezzi. Lo testimonia l’iscrizione ancora oggi leggibile in via dei Bardi, riporta il divieto da parte di Cosimo de’ Medici di ricostruire i palazzi dove in quegli anni erano ripetutamente crollati. Ma Raffaello che visse solo 37 anni era già morto nel 1520, la sua vita fu breve e straordinariamente prolifica. Il Vasari racconta nelle Vite [321-322] che la tavola venne ricomposta, integrando il supporto e la pittura. «[...] ritrovati i pezzi (della tavola) fra i calcinacci della rovina, furono da Battista (Nasi) figlio di Lorenzo, amorevolissimo dell’arte, fatti rimettere insieme in quel miglior modo che si potette ». In quella occasione il 20% dell’opera originale andò perduto e s econdo quanto suggerisce Antonio Natali Direttore della Galleria degli Uffizi, Ridolfo del Ghirlandaio coetaneo e amico di Raffaello potrebbe essere l’artefice del primo restauro.

La figura di Raffaello assume un’aura speciale, come artista e come uomo per il prestigio che seppe rapidamente raggiungere. Probabilmente anche in virtù del padre, il pittore Giovanni Santi, che era un artista-umanista colto, con esperienze da letterato e di teatro. Si ricorda infatti anche la sua organizzazione di uno spettacolo teatrale in occasione dell’arrivo di Federico d’Aragona, figlio del re di Napoli. Il contesto familiare pose quindi le basi culturali dell’artista, affidando lo sviluppo di quelle tecniche alla bottega del Perugino e Giorgio Vasari in entrambe le redazioni delle Vite, sostiene che inizialmente non si riusciva a distinguere fra le opere di Raffaello e quelle di Pietro Perugino.

La Madonna del Cardellino di Raffaello Sanzio, un dipinto su tavola di 107x77cm, è un'opera famosa, il suo valore e la sua profondità sono universalmente riconosciute, essa presenta contemporaneamente più livelli di lettura ed è da poco rifiorita dopo un lungo restauro che sono stata onorata di seguire per la realizzazione di un irripetibile documentazione filmata in alta definizione.

L’arte addestra le persone ad andare oltre il dato immediato della commedia e della tragedia umana, verso la dimensione che la sorregge e la genera, mentre cattura con abilità la nostra attenzione. Perciò un’opera come questa ha un’esistenza propria che supera la barriera del tempo parlando per secoli. L’artista ci fa intravedere l’eterno immanente nella vita, il mistero che sfugge e al tempo stesso si rinnova dentro e intorno a noi.

L’analisi dell’organizzazione del campo percettivo legato a un’opera, la sua storia e quella dell’artista, le sue modalità di fruizione e le dinamiche che tende ad attivare fungono da linee guida per ogni operazione che intenda promuovere la relazione tra un bene culturale e gli esseri umani. Lo studio di questi aspetti conduce alla generazione del metaprogetto che sottintende ogni approccio progettuale e in seguito operativo. Quindi con questa procedura è stato redatto un sommario dei temi che si è poi evoluto nel trattamento comparato dei diversi livelli di contenuto e della loro documentazione, prerequisito alla sceneggiatura del filmato.

  1. PRESENTAZIONE DELL’OPERA

  2. IL CONTESTO, crollo del palazzo e ingiunzione di Cosimo De’ Medici

  3. L’OPERA FRANTUMATA

  4. VASARI, TESTIMONIANZE

  5. INTERVENTI DI RESTAURO PRECEDENTI

  6. INDAGINI SCIENTIFICHE

  7. TECNICA ARTISTICA

  8. STATO DI CONSERVAZIONE

  9. PROGETTO E INTERVENTO DI RESTAURO

  10. ICONOGRAFIA

Queste diverse tipologie di contenuto hanno richiesto la tessitura di una continuità narrativa per la stesura della sceneggiatura. Un aspetto delicato è stato quello di considerare che il filmato sarebbe stato proposto a persone con atteggiamenti culturali e percettivi diversi, che potevano anche non essere esperti. Si voleva però evitare il format didascalico del documentario a vantaggio di un contatto con lo spettatore orientato a risvegliare attraverso l’emozione un atteggiamento fenomenologico e l’interesse conoscitivo per l’opera. La sceneggiatura andava quindi costruita in modo da introdurre gradualmente una mole di dati importante e di diversa natura, mantenendo un continuum cronologico che consentisse anche di percepire lo sviluppo del processo di restauro. Con una costante attenzione al livello di attenzione degli spettatori, tenuto attraverso le immagini spettacolari del viaggio dentro l’opera, delle sue trasformazioni e del suo aspetto non visibile all’occhio umano.

La stesura della scaletta di lavorazione guidata dallo schema del trattamento è stata piuttosto elaborata, una sorta di partitura della possibile percezione di aspetti storici, tecnici ed emotivi. La sua tessitura è derivata dall’analisi di tutto il materiale di indagine proveniente dalle diverse metodologie scientifiche usate. Un particolare impegno è stato richiesto dal fatto che ogni disciplina ripeteva dall’inizio la procedura di approccio all’opera, mentre il filmato doveva esprimere una continuità di sviluppo in un tempo relativamente breve, seppure su livelli diversi, per riproporre la magia dei cambiamenti che man mano si erano verificati e condurre alla rivelazione dell’aspetto finale.

Raffaello guida la nostra percezione nel “campo” dell’opera, attraverso il movimento dei nostri occhi ci conduce fisicamente alla relazione tra gli elementi che la compongono, facendoci entrare in contatto con gli elementi che ci fanno “riconoscere” qualcosa e muovono così le nostre emozioni. L’opera d’arte attiva un fenomeno percettivo che consente di mettere in relazione chi guarda con i temi fondamentali della vita, con quella sorta di essenza profonda che lascia senza fiato ed è difficile da verbalizzare. La bellezza fa breccia nell’incessante avvicendarsi dei nostri pensieri in moto costante tra il passato ed il futuro, offrendoci l’opportunità di assaporare il presente, di sentirci vivi, partecipi della grandezza e del mistero di ciò che esiste. Quando questo contatto avviene qualcosa agisce dentro di noi. L’intento del filmato è quello di amplificare questo fenomeno percettivo.

Il campo che il dipinto rende visibile ai nostri occhi è pieno di una forza pregnante e quieta. Le nubi si aprono In alto a destra segnando la direzione verso il capo di Maria. Qualcosa di grande si muove verso di lei e le nuvole si fanno da parte. Il movimento prosegue con il suo sguardo rivolto verso San Giovannino il quale guarda a sua volta Gesù Bambino porgendogli il cardellino[1], che si macchierà poi con il suo stesso sangue. Questo è il fulcro del campo che si è indotti a percorrere in senso antiorario se si parte dal cielo (l’immanente), orario se si parte da Gesù bambino (la dimensione temporale).

Qui sono presenti più dimensioni dell’esistenza in varie fasi temporali. I diversi piani di lettura si sovrappongono e offrono molteplici possibilità di accesso all’opera. Così ognuno può seguire la modalità che più gli si addice. La composizione centrale ha una struttura triangolare, ma la forma percepita attraverso il movimento dello sguardo dello spettatore invitato ad un percorso circolare o meglio ovale è quella di una mandorla, un motivo frequente nell’arte sacra, ricco di significati semantici e simbolici trattati con dovizia nei testi specialistici[2]. Nell'opera ne viene offerta la percezione diretta, attraverso il movimento oculare possiamo riprodurre in noi l’esperienza di quell'elemento che si dilata nell’indagare il paesaggio circostante e i recenti studi di neurofisiologia sui neuroni a specchio[3] confermano la dinamica di questo fenomeno.

Siamo indotti a seguire il paesaggio, e indugiare sugli orizzonti… i percorsi d’acqua e le città… mentre la Vergine tiene nella mano sinistra un libro, dove legge ciò che è (già) scritto.

La regia ha così guidato il viaggio nell’opera d’arte seguendo il movimento indicato da quel campo morfologico. Le riprese delle diverse fasi del restauro sono state eseguite periodicamente, mentre di pari passo si è svolto il lavoro di acquisizione e studio del materiale di analisi scientifico e critico che veniva prodotto a supporto degli interventi. Si è mantenuto un confronto costante con gli esperti e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze in collaborazione con la Soprintendenza e la Galleria degli Uffizi.

Per impostare un primo progetto di intervento che consentisse di intervenire in maniera consapevole e nel rispetto dell’opera è stato avviato un insieme di studi che ha avuto come obiettivo l’acquisizione di informazioni a tutto campo sull’opera: i materiali che lo compongono in origine, la tecnica di esecuzione, lo stato di conservazione, gli interventi precedenti: la loro distribuzione e la qualità dei materiali di restauro, le cause e i processi di degrado eventualmente ancora in atto. Sono state analizzate le altre opere dello stesso autore e quelle coeve[4].

Vista la delicatezza dell’intervento relativo alla Madonna del cardellino, la campagna di indagini è stata molto ampia ed ha accompagnato tutte le fasi del lavoro di restauro, fino alla fine. Lo stato di conservazione dell’opera risultava piuttosto complesso da decifrare ad un primo esame. Questo ha reso difficile la scelta di prelievi significativi e gli esperti hanno optato per l’uso delle tecniche di indagine non invasive per la diagnostica non distruttiva dei dipinti e la documentazione dei restauri che sono quelle oggi più diffuse nel campo dei beni culturali.

Eccone una breve sintesi[5]:

Radiografia

Si è rivelata un’indagine di particolare utilità per valutare i danni dovuti al crollo dell’edificio e per individuare l’antico intervento di restauro sul supporto. 1999, anno in cui il dipinto è arrivato nei laboratori dell’Opificio è stata eseguita una lastra delle dimensioni del dipinto che ha consentito di risolvere il problema della mosaicatura delle singole riprese, fornendo un’unica immagine che contiene maggiori informazioni. Fornendo indicazioni utili sia sulla tecnica artistica di Raffaello, sia sullo stato di conservazione del dipinto, segnalando, per esempio, le lacune del colore originale.

Tomografia assiale computerizzata (TAC)

È una tecnica che permette di radiografare l’oggetto da più punti di vista e di combinare mediante elaborazione digitale le immagini una ricostruzione tridimensionale dell’opera. Questa tecnica è stata utilizzata per la Madonna del Cardellino mettendo in atto un dispositivo dedicato all’opera nei Laboratori dell’Opificio, in collaborazione con la Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dell’Università degli Studi di Bologna.

Riflettografia infrarossa

Permette di acquisire informazioni sugli strati più interni del dipinto. La riflettografia infrarossa a scanner restituisce un’immagine digitale ad alta risoluzione degli strati più interni del dipinto e eliminando inoltre il problema di distorsioni ottiche, permette un perfetto allineamento con l’immagine digitale a colori dell’opera. Il riflettogramma a colori così ottenuto, consente un confronto diretto e puntuale fra gli strati più interni e l’immagine visibile. Ha messo in evidenza l’underdrawing del dipinto e i ritocchi realizzati nei passati restauri, rivelandosi uno strumento fondamentale durante l’intervento di pulitura.

Ripresa a scanner e con telecamera digitale CCD

L’integrazione delle informazioni fornite dalle due metodologie di ripresa, caratterizzate da una differente profondità di penetrazione, ha permesso di avanzare alcune ipotesi sulla tecnica e sui tempi di esecuzione dello strato di preparazione e del disegno.

Fluorescenza X (XRF)

Attraverso la fluorescenza X (XRF), indagine che non rivela direttamente la presenza dei pigmenti, ma solo quella di alcuni elementi chimici da cui spesso è possibile risalire ai materiali pittorici, con il contributo dei ricercatori dell'ENEA di Roma, si è cercato di individuare sia i pigmenti originali che quelli utilizzati negli interventi successivi, a partire dalla metà del Cinquecento.

Indagine di spettroscopia in riflettanza a fibre ottiche (FORS)

Negli stessi punti analizzati in XRF è stata condotta, in collaborazione con il gruppo di ricercatori dell’Istituto di Fisica Applicata “Nello Carrara” del CNR (CNR-IFAC), questa tecnica che risulta complementare all’XRF per la caratterizzazione dei pigmenti.

Documentazione tramite tecniche fotografiche speciali

Lampada di Wood, IR falso colore, fotografia a luce radente.

Rilievo 3D (profilometria a riga laser a scansione)

Per documentare la superficie accidentata del supporto, e le caratteristiche del film pittorico originale, con profonde crettature e spessori molto diversificati fra le varie campiture di colore.

Microprofilometria Laser conoscopica

Al fine di documentare con tecnica scientifica l’andamento del supporto prima dell’intervento di restauro.

Colorimetria

Analisi morfologica quantitativa di piccole aree, con alta definizione spaziale.

La mole del materiale acquisito era notevole: ore di girato in Full HD, immagini relative alle diverse indagini scientifiche (radiografie, rifletto grafie, tomografie...) ripetute nel corso del lavoro a controllo e verifica dell’operato, i poderosi testi riguardanti le diverse analisi e quello critico su i vari aspetti del restauro che considerano gli interventi precedenti e la coerenza alla prestigiosa scuola di restauro fiorentina. La documentazione cronologica delle diverse fasi del restauro è stata eseguita con telecamera in Full HD, si è operato anche con un obiettivo macro che ha consentito di riprodurre la visione al microscopio in una variazione di scala proiettabile in una dimensione di base di quattro metri e p ossiamo mostrare dei dettagli di pochi centimetri ingranditi fino ad un metro con i passaggi della pulitura o successivamente, del reintegro pittorico. I movimenti di macchina sono stati eseguiti manualmente e nelle riprese con il macro si è resa necessaria l’attività congiunta di operatore e specializzato per le variazioni di messa a fuoco che in quella condizione comporta anche uno spostamento di pochi centimetri. La regia ha seguito le linee guida emerse dalla lettura del campo integrandole agli aspetti salienti delle diverse fasi del restauro: analisi preliminare, storia dell’opera, tecniche scientifiche, pulitura, intervento sul supporto, stuccatura, reintegro pittorico... Attraverso l’uso delle immagini che riportano lo spettro precluso all’occhio umano si può mostrare la genesi del dipinto. È possibile vedere il disegno preparatorio, Raffaello ha utilizzato lo spolvero e nella riflettografia se ne vedono i puntini. In alcune zone come il paesaggio a sinistra della Vergine, ha lavorato invece a mano libera. Si possono rivelare alcuni cambiamenti rispetto al disegno sottostante: la scollatura della veste da arrotondata diventa quadrata, l’orecchio di S. Giovannino è posizionato più in alto rispetto al primo disegno. I miglioramenti si evidenziano in ogni fase del lavoro, anche durante la stesura del colore: la roccia diventa più bassa, l’indice della Madonna è corretto nel gesto e la versione finale del paesaggio risulta ulteriormente cambiata.

L’alta definizione sommata ad ottiche macro utilizzate nella ripresa e al montaggio non compresso, permette di vedere i più piccoli particolari da un punto di vista ravvicinato mantenendone la definizione, una prerogativa riservata ai soli specialisti diviene così alla portata di tutti. Il dettaglio delle pennellate sul cardellino si rivela, offrendo una occasione di conoscenza unica nel suo genere mentre la mirabile qualità pittorica, crea un impatto di stupefacente carica suggestiva. I piani sequenza ci accompagnano in una sorta di viaggio all’interno dell’opera che per l’eccellente fattura è fonte continua di immagini diverse, talvolta inaspettate, ed alla fine del percorso visivo, uditivo ed emotivo sembra molto più grande delle sue dimensioni geometriche. Altrettanta importanza riveste l’aspetto documentale e procedurale del restauro che viene trasferito al visitatore non in modalità didascalica ma attraverso una esperienza percettiva incrementata dalla musica composta per l’occasione in collaborazione con la Fondazione Tempo Reale voluta da Luciano Berio per la ricerca sulla musica contemporanea. Il lavoro svolto è irripetibile, si tratta di uno degli interventi di restauro più importanti degli ultimi tempi. Durato dieci anni. La sua complessità e delicatezza, nelle scelte e nella perizia operativa sono documentate grazie alla capacità consentita da questi strumenti tecnologici di mantenere una alta qualità dell’immagine e grazie al lavoro svolto insieme agli esperti dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze in collaborazione con la Soprintendenza Speciale e la Galleria degli Uffizi.

In fase di post-produzione sono state eseguite elaborazioni virtuali dei diversi aspetti assunti dal dipinto e dal suo supporto durante gli interventi e ne sono risultate delle spettacolari sequenze che consentono di apprezzare procedure durate alcuni anni condensate in pochi secondi, come quella che mostra con la medesima inquadratura la trasformazione dell’aspetto dell’opera durante l’intero processo di restauro. Al servizio di un capolavoro la cui storia pare ripetere l’allegoria del contenuto iconografico: passione e resurrezione.

Reference List

Castelli C., Ciatti M., Frosinini C., et. al. 2001, La Madonna del cardellino di Raffaello: il progetto di intervento, «O.P.D. Restauro», (13): 177-187.

Chapman H., Henry T., Plazzotta C., et. al. 2004, Raphael. From Urbino to Rome, London: National Gallery Co.

Ciatti M., Riitano P. 2007, Raphael’s Madonna del Cardellino: The Conservation Prject, in Roy A., Spring M. (eds.) 2007, Raphael’s. Painting Technique, Firenze: Nardini, 25-33.

Ciatti M. 2008, Il progetto di conservazione e restauro della Madonna del cardellino di Raffaello, in Ciatti M., Natali A., Riitano P. (eds.) 2008, L'amore, l'arte e la grazia. Raffaello: la Madonna del Cardellino restaurata, Firenze: Mandragora, 45-49.

Hall J. 2010, Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte, Milano: Longaresi.

Riitano P. 2003, Anticipazioni sulla pulitura della Madonna del cardellino di Raffaello, in Ciatti M., Frosinini C. (eds.) 2003, Restauri e ricerche. Dipinti su tela e tavola, Firenze: Edifir, 71-75.

Scafi A. 1997, CRISTO NELL'ARTE, «TERTIUM MILLENNIUM», 6 Dicembre 1997, http://www.vatican.va/jubilee_2000/magazine/documents/ju_mag_01121997_p-67_it.html

Vasari G. 1876, Le Vite, Milanesi G. (ed.), IV, Firenze: Sansoni, 321-322.

Notes

[1] Da un punto di vista iconografico il cardellino è uno dei simboli della passione di Cristo [Chapman et. al. 2004]. Il riferimento alla corona di spine potrebbe essere legato al fatto che l’uccellino si nutre dei semi del cardo, pianta spinosa. Secondo la leggenda, un cardellino volò sulla testa di Cristo che saliva sul Calvario, e tolse una spina dalla sua fronte. Fu così che l'uccellino si macchiò di rosso, proprio schizzandosi con una goccia di sangue del Salvatore [ Scafi 1997]. Il cardellino ricorre nell’iconografia cristiana [Hall 2010] figura solitamente con il bambino Gesù, è simbolo dell’anima cristiana che alla morte vola via dal corpo.

[2] La mandorla, nell’arte, è un elemento decorativo di forma ogivale tipico delle decorazioni romaniche e gotiche, utilizzato per contenere figure sacre al suo interno. Di solito, il Creatore, il Cristo o la Madonna, spesso attorniati all’esterno della mandorla da altri soggetti sacri. Una delle letture simboliche della Mandorla Mistica è quella del pesce stilizzato, una forma usata nell’arte paleocristiana come simbolo del Redentore.

[3] I neuroni specchio sono una classe di neuroni che si attivano selettivamente sia quando si compie un’azione sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri. I neuroni dell’osservatore “rispecchiano” quindi ciò che avviene nella mente del soggetto osservato, come se fosse l’osservatore stesso a compiere l’azione le aree motorie corrispondenti a quei muscoli si attivano nel cervello. Nel 1995, Luciano Fadiga, Leonardo Fogassi, Giovanni Pavesi e Giacomo Rizzolatti dimostrano utilizzando la stimolazione magnetica transcranica che la corteccia motoria dell’uomo risponde all’osservazione di azioni e movimenti altrui.

[4] Per l’impostazione del progetto generale di conservazione della Madonna del cardellino: Castelli, Ciatti, Frosinini, et. al. 2001, 177-187; Riitano 2003; Ciatti, Riitano 2007, 25-33; Ciatti 2008.

[5] Catalogo della mostra monografica a Palazzo Medici Riccardi, http://www.palazzo-medici.it/ita/
finestra_mostra.php?key=34.