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Steven Forti, “El peso de la nación. Nicola Bombacci, Paul Marion y Óscar Pérez Solis en la Europa de entreguerras”

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Steven Forti, “El peso de la nación. Nicola Bombacci, Paul Marion y Óscar Pérez Solis en la Europa de entreguerras”, Universidade de Santiago de Campostela, Santiago de Campostela 2014, 651 pp.

El peso de la nación di Steven Forti è un libro che rientra a pieno titolo in una produzione storiografica di prospettiva europea. Il saggio, che ha origine da una ricerca di dottorato, ha per oggetto le biografie, e in particolare i percorsi ideologici, di tre militanti politici di diversa nazionalità: l’italiano Nicola Bombacci (1879-1945), il francese Paul Marion (1899-1954) e lo spagnolo Óscar Pérez Solís (1882-1951). Il volume è diviso perciò in tre lunghi capitoli, ognuno dei quali dedicato a uno dei protagonisti e ambientato nel corrispettivo contesto storico nazionale, sulla base di un approfondito scavo documentario condotto in archivi e biblioteche di tre distinti paesi: Italia, Francia e Spagna. Inoltre, è il tema di fondo del lavoro ad avere rilevanza internazionale, affrontando un fenomeno ricorrente nella storia politica europea del periodo tra le due guerre mondiali (e più in generale di tutta l’età contemporanea): quello del “cambio di campo”, della conversione ideologica, del passaggio da un estremo all’altro dell’arco politico.

Lo studio del “transfughismo” - come viene solitamente definito con un pessimo neologismo - è infatti una questione aperta per la storiografia europea focalizzata sulla crisi politica interbellica, ed è in questa direzione che Forti porta il proprio contributo di ricerca. Per sua stessa ammissione, egli prende come punto di partenza e principale riferimento metodologico il noto lavoro di Philippe Burrin (La dérive fasciste, 1986) sulla fascistizzazione di alcuni dirigenti della sinistra francese: il comunista Jacques Doriot, il socialista Marcel Déat e il radicale Gaston Bergery. Nell’indagine dello storico svizzero veniva fatto solo un fugace accenno a Marion, per cui Forti va innanzitutto a integrare il quadro dei “transfughi” francesi. Inoltre allarga opportunamente lo sguardo includendo il caso emblematico di Bombacci e quello meno conosciuto di Pérez Solís, di fatto ignorato dalla storiografia iberica.

Sebbene con tempi e sviluppi peculiari, le esperienze militanti di Bombacci, di Marion e di Pérez Solís risultano effettivamente accomunate dalla medesima parabola: la transizione dalle file dell’estrema sinistra a quelle dell’estrema destra. Socialista massimalista e poi co-fondatore del Partito comunista d’Italia, Bombacci divenne fedelissimo di Mussolini nella seconda metà degli anni Trenta, rimanendo al fianco del duce fino a piazzale Loreto. Parallelamente, Marion passò dall’internazionalismo comunista al neosocialismo francese, per poi lasciarsi coinvolgere nella galassia dell’estremismo nazionalista, affiancando la “deriva fascista” di Doriot e appoggiando la causa di Vichy.

Più tortuoso, ma sostanzialmente analogo, l’itinerario di Pérez Solís, che dopo una breve carriera militare transitò dalle file dell’anarchismo, poi del socialismo, quindi del comunismo, fino alla conversione al cattolicesimo integralista durante la dittatura di Miguel Primo de Rivera e al successivo approdo nel movimento falangista allo scoppio della guerra civile spagnola. Di tutti e tre, Forti segue l’evoluzione tappa per tappa, dagli esordi all’esito finale.

L’obiettivo del libro è dunque ricostruire l’itinerario politico di tre “transfughi” e proporre un’interpretazione storica per spiegarne la metamorfosi ideologica. Come anticipato dall’autore nell’introduzione, l’analisi si sviluppa su un triplice livello. Il primo concerne le vicende biografiche, collocate nello specifico contesto nazionale e ripercorse sulla base di documenti d’archivio: soprattutto le carte del Ministero dell’Interno e la corrispondenza con vari protagonisti della politica italiana nel caso di Bombacci; i fondi del Parti communiste français e del Partido comunista de España per Marion e Pérez Solís.

Il secondo livello riguarda il linguaggio politico e la sua evoluzione: la comune ispirazione socialista, il ricorso a un insieme condiviso di parole chiave (lavoro, giustizia sociale, nuovo ordine ecc.), i diversi autori di riferimento (per esempio, Mussolini per Bombacci, Henri De Man per Marion, Joaquín Costa e Ricardo Macías Picavea per Pérez Solís), la sostituzione del paradigma di classe con quello di nazione, l’ibridazione con la retorica fascista. Le fonti privilegiate sono ovviamente i testi editi dei tre protagonisti, e in particolare quelli pubblicati su alcuni periodici di cruciale importanza nella fase di transizione ideologica come «La Verità», «L’Emancipation Nationale» o «Diario Regional».

Il terzo livello consiste nell’approccio comparativo, che sottintende l’intero volume e viene adottato in modo più esplicito soprattutto nel paragrafo conclusivo. Accanto ad alcune differenze (fra le altre, l’autore sottolinea come la conversione di Bombacci dal bolscevismo al fascismo fu diretta, mentre la metamorfosi di Marion e di Pérez Solís passò dallo stadio intermedio del planismo, nel primo caso, e del cattolicesimo, nel secondo), emerge così un’unanime «passione per la politica» che mosse i tre protagonisti ben più di qualsiasi forma di opportunismo o vigliaccheria. In altri termini, secondo Forti a motivare la loro “deriva fascista” fu essenzialmente la combinazione ideologica tra totale sfiducia nella liberal-democrazia, progressiva disillusione nei confronti del comunismo e crescente «peso della nazione» come valore politico primario.

In ultima analisi, prendendo in esame tre singoli - ma non singolari - casi biografici, il libro riesce a spiegare l’esperienza del “cambio di campo” dall’estrema sinistra all’estrema destra come un epifenomeno di una più generale tendenza alla variabilità delle identità e delle appartenenze politiche, alla promiscuità delle culture politiche novecentesche.