Storicamente. Laboratorio di storia

Studi e ricerche

Genere, potere e ordinaria infelicità: Margherita Luisa d’Orléans e Cosimo III de’ Medici

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Abstract

In the middle of Ancien Régime a woman of royal blood, went in marriage to a man of noble family, rebels against the conventions and the labels of the court. The marriage of Margherita d'Orléans and Cosimo III de' Medici will talk throughout Europe. In this paper, thanks to new archival sources, is presented through the use of historiographical category of gender the affair of this woman and her interpretations historical and political.

Introduzione

Tra XVI e XVII secolo i Medici attuano una politica matrimoniale attenta: con la Spagna nel 1539 (Eleonora di Toledo), con l’Impero nel 1565 e nel 1608 (Giovanna d’Austria e Maria Maddalena) e con la Francia nel 1589 e nel 1661 (Cristina di Lorena e Margherita Luisa d’Orléans). Donne diverse certo, ma inserite in questo intreccio di relazioni internazionali, in un equilibrio tra i poteri, a volte labile e delicato, ma necessario al mantenimento di un ampio sistema di corti e di case regnanti. [Calvi, Spinelli 2008]. Non tutte le trattative otterranno i risultati sperati. Non sempre si salveranno le forme, in diversi casi le donne riusciranno a conquistare spazi di potere non soliti, esercitando protezioni e aumentando il prestigio personale e della famiglia. Il caso di Margherita Luisa d’Orléans, si presta ad una singolare lettura proprio in merito alla sua individualità, difficilmente contenibile, con una consapevolezza di rango e di natali, che, nel gioco dei suddetti equilibri, avrà un peso notevole [Waquet 2007, 120-132].

Nelle carte di segreteria più volte si farà riferimento alle forme non salvaguardate e alla debordante modalità della principessa. Eppure, la stessa Orléans, bene gestirà i noti “fastidi domestici”, attraverso una fitta rete di scritture tra Francia e Toscana, testimoni di una cornice nota alla storiografia sulle corti e alla politica dinastico-famigliare.

Tracce di una vita

Redarguisce in questo modo il consorte granduca Cosimo III de’ Medici la legittima moglie granduchessa di Toscana e principessa d’Orléans Margherita Luisa in una lettera dell’8 gennaio del 1680 scritta da Parigi, dal monastero di Montmartre:

Non posso più reggere alle vostre stravaganze: so che voi fate il peggio che potete appresso del Re contro di me, e voi vi fate scorgere da S. M. e da tutta la Corte non volendo che io vada alla Corte ove ho da fare continuamente per avere la protezione del Re in tutte le mie occorrenze, e in questo fate male per i vostri figli, perché se io fussi stata di continuo alla Corte i vostri figli sarebbero stati meglio e per il presente e per l’avvenire, e così fate male per loro e per me e per voi, perché mi mettete in stato di disperazione a tal segno che non ci è ora alla giornata che io non vi desideri la morte e che io non volessi che voi fussi impiccato. Voi mi riducete in modo che non posso più frequentare i Sacramenti, e così mi farete dannare, e con tutta la vostra devozione vi dannerete ancora voi, perché uno che è causa della perdita di un’anima non può salvare la sua, e voi sapete che se mi lasciassi stare e non vi impicciassi più di me non avrei se non occasione di far del bene, essendo io in un luogo santo e sempre con una sorella che è mezza santa. […] se però non mutate foggia di trattare verso di me, e vi giuro per quella cosa che odio più, che è voi, che io farò patti con il Diavolo per farvi arrabbiare e per sottrarmi dalle vostre pazzie. Basta, tutte le stravaganze che potrò fare per dispiacervi le farò, e questo non me lo potete impedire. La vostra devozione non vi servirà a niente, e potete fare quello che volete perché siete un fior di ruta, Dio non vi vuole e il Diavolo vi rifiuta. […] [1]

In cerca di una moglie e dopo una trattativa lunga con il cardinal Mazzarino, Cosimo III de’ Medici figlio di Ferdinando II e Vittoria della Rovere, sposa, rinunciando alla figlia dell’elettore di Sassonia, la figlia di Gastone d’Orléans, fratello di Luigi XIII, Margherita Luisa d’Orléans. [2]

Margherita era nata a Blois il 28 luglio 1645, zona di esilio in cui suo padre e Mazzarino erano stati confinati in seguito alle note vicende politiche.

Nel corso delle trattative per il matrimonio con il Medici, uno degli interlocutori privilegiati, il futuro vescovo di Béziers, Pietro Bonsi, al primo ministro del granduca di Toscana, l’abate Gondi, sull’aspetto fisico della giovane principessa scriveva: «Mademoiselle d’Orléans a treize ans; elle est belle de visage, brune de cheveux [in realtà crescendo i suoi capelli saranno più chiari], ses yeux sont bleu turquoise et elle semble très douce». Saint-Simon scriverà più tardi che la principessa «était très bien faite et grande» [Rodocanachi 1902, 8 e segg.].

Margherita ebbe tre sorelle e un fratello, Élisabeth Marguerite d’Orléans (1646-1696), duchessa d’Alençon e sposa di Louis Joseph di Guise, Françoise Madeleine d’Orléans (1648-1664), sposa di Carlo Emanuele II di Savoia, Jean Gaston d’Orléans (1650-1652) duca di Valois e Marie Anne d’Orléans (1652-1656). I rapporti con la sorellastra più grande di lei di 19 anni, nata dal primo matrimonio di Gastone con la duchessa di Montpensier, Marie di Bourbon, Anne Marie Louise d’Orléans, Grande Mademoiselle, come testimoniano le Mémoires di quest’ultima, non furono mai buoni [Montpensier 1746, ad indicem; Vergnes 2013; Gatulle 2014]. [3]

Un’immagine molto plastica della principessa l’abbiamo dalla penna di madame Gobelin, Anne Ardier, la cui figlia Elisabeth Gobelin (1634-1721) sarebbe andata in moglie ad Anne-Alexandre de l’Hôpital, comte de Sainte-Mesme, figura, quest’ultimo, figura centrale nella vita della futura granduchessa. La Gobelin, rispondendo ad una lettera riservata del vescovo di San Miniato, monsignor Barducci (contattato in gran segreto da Mazzarino), della principessa scrive:

Vous me rendez bien justice en croyant que je vous rende conte avec sincerité de ce que vous desirez à moins de vouloir mentir, je puis vous protester que la princesse a des excellentes qualités, à l’esprit, et au coeur. Elle en possede un le plus doux et le plus droit que l’on puisse souhaiter; elle est complesante au dernier point, très spirituelle sans perdre le rang que merite sa naissance, elle parle fort bien, elle a le ton de la voix agreable, elle chante très agreablement, elle joue bien de l’épinette, elle danse dans la dernière perfection, elle a la taille belle, et je vous jure devant Dieu, que jamais tailleur ne lui a aidé, je metterai ma vie pour cela, elle a la gorge des plus belles et des plus pleines. Elle est blanche et les joues vermeilles, les yeux très vifs, les cheveux bruns et en très grande quantité, et elle ç’adresse de ses mains, quelle çe coiffe seule, des femmes la peignent seulement, et lui aide très peu, elle est assez gaie, mais jamais emportée, fort pieuse et fort reglée en ses devotions. [Rodocanachi 1902, 20-21].

Insomma, le qualità di Margherita, altezza reale, per madame Gobelin sono veramente innumerevoli, e questo, in fase di trattativa non può che essere decisivo per l’obiettivo che Mazzarino si è posto: avere dalla sua parte le porpore medicee per una possibile (molto difficile) elezione a papa.

Il tema della dote fu centrale per un lungo periodo, e la principessa veniva esaltata per le sue innumerevoli qualità, il rango ed ogni sorta di particolare estetico, ma la dote restava il punto dolente. Come scriveva l’abbé de Choisy, in quei tempi «la cour était dans sa magnificence extérieure, toute la misère était au dedans». Del resto i temi del potere e del genere bene sono stati presentati diffusamente dalla recente analisi storiografica [Lombardi 2001 e 2008; Fazio 2009, Casanova 2009, 2014] [4]. È il Concilio di Trento che prova a sbrogliare una matassa che molto aveva pesato nelle vite di tante donne strette in una morsa ai limiti della coercizione della volontà dall’esercizio di un potere al maschile. Chi aveva costruito il linguaggio del potere? Chi aveva eteronormato a scapito di un femminile non considerato? Come dare legittimità alle singole volontà e centralità al ruolo dei protagonisti di un contratto quali i coniugi? I temi affrontati a Trento riguarderanno il superamento, nonostante le pressioni francesi, del tema della promessa di matrimonio, quindi delle volontà paterne e della contrattualistica decisione presa all’interno delle mura domestiche ma sempre da uomini, le cui volontà espresse in scritture private e sigillate anche da notai, mortificavano la donna. A Trento, come bene hanno dimostrato gli studiosi sopracitati, si consumò uno scontro tra norma e volontà, tra tradizione sociale e libertà individuale. Nella vicenda di Margherita tutto questo non è irrilevante. Gli uomini decidono, e su questo la principessa si dimostrerà ribelle. Ribelle a chi ha deciso per lei, ribelle a chi ha sacrificato la sua parte di dote per la sua libertà individuale (concetto alquanto discutibile nel periodo in esame), ribelle a chi la vorrebbe non separata dal marito e offerta alla nobile causa della dinastia e dei suoi obblighi.

Intanto Bonsi continuava a scrivere a Cosimo de’ Medici: «Le ciel l’a assurément fait naître pour vivre en Toscane», e dopo la morte di Mazzarino (9 marzo 1661), nel cuore di Margherita scoppiava la prima passione d’amore, quella vera, quella per Carlo di Lorena, più grande di lei di due anni, figlio di Nicolas-François (già cardinale e vescovo di Toul, duca di Lorena quando il fratello Carlo IV abdicò in suo favore nel 1634), quest’ultimo fratello della madre di Margherita. Celebre generale al servizio dell’Austria, riportò numerose vittorie contro i turchi nella battaglia di Saint-Gothard (1664), in quella di Vienna (1683), nella presa di Bude (1686), avrebbe sposato nel 1678 la figlia di Ferdinando III d’Asburgo, Eleonora Maria Giuseppina d’Austria [Beauvau 1690, 188 e segg]. [5]

Sulla vicenda, come ricorda Beauvau, ci sarà un atto di autorità di Luigi XIV che vorrà dare seguito agli accordi presi con il granduca di Toscana: «Loin de se laisser persuader – scrive Beauvau – il envoya Le Tellier dire à la duchesse d’Orléans qu’il fallait se résoudre à signer le contrat sans plus de remise et que sa fille fût partie pour la Toscane dans quatre jours, sinon qu’elle épouserait un cloître» [Beauvau, 119].

Il contratto di matrimonio venne firmato il 17 aprile del 1661 nella camera del re al Louvre, seguì il fidanzamento, e il granduca venne rappresentato dal duca di Guisa alla presenza della regina madre Anna d’Austria, della regina Maria Teresa d’Austria, della duchessa d’Orléans, delle tre sorelle della principessa, di Enrichetta d’Inghilterra, moglie di Monsieur (fratello di Luigi XIV), Guillaume de Lamoignon, il principe di Condé, madame di Carignan e madame di Longueville, madame di Soissons, e madame d’Angoulême. Il rito venne officiato dal vescovo di Béziers e il 19 aprile una nuova celebrazione venne presieduta da Bonsi nella cappella del re.

L’ingresso di Margherita a Firenze fu un trionfo, il popolo l’accolse con entusiasmo e il granduca spese per i festeggiamenti una fortuna. Al teatro la Pergola fu messo in scena l’Ercole in Tebe, parole di Moniglia e musica di Melani da Pistoia. Nel 1662 Alessandro Segni pubblicò un opuscolo intitolato Memorie delle feste fatte in Firenze per le Reali nozze de’ Serenissimi sposi Cosimo e Margherita Luisa, Principessa d’Orléans. [6]

Motivi di dissidio si manifestarono presto. Margherita non tollerava la suocera Vittoria della Rovere, ritenuta da lei bigotta e sempre attorniata da preti, frati e gesuiti. L’odio era reciproco e i conseguenti litigi stancarono presto il granduca e la principessa [Miretti, Benadusi 2008]. Del resto la relazione con Carlo di Lorena in modalità segrete continuava e ben presto il granduca Ferdinando chiese a Luigi XIV un intervento risolutivo. Margherita cominciò ad odiare la Toscana, l’Italia e supplicò il re di accoglierla a corte. Ciò nonostante la principessa diede a Cosimo tre figli: Ferdinando (1663-1713) che avrebbe sposato Violante Beatrice di Baviera, morendo presto di sifilide [Spinelli 2013]; Anna Maria Luisa (1667-1743) che sposò un uomo molto più anziano di lei, il principe palatino Giovanni Guglielmo non dando eredi alla casa Medici [Valentini 2005] e Gian Gastone (1671-1737) che sposò Anna Maria Francesca di Sassonia-Lauenburg senza dare, anche lui, eredi [Urbani 2008; Lagioia 2016].

Invano furono mandati mediatori dalla corte del re, il braccio di ferro con Margherita sarebbe stato inutile, e nonostante l’esilio nella villa del Poggio a Caiano le discordie non terminarono. Nemmeno un breve di Alessandro VII servì a mettere fine agli odi (11 aprile 1665). E se il medico di corte Alliot, inviato da Luigi XIV, dopo una visita urgente fatta a richiesta di Margherita, concludeva che il male della principessa più che il corpo riguardava lo spirito, la stessa scriveva ormai parole definitive sul rapporto infelice tra i due: «[…] Vi dichiaro per tanto che non posso più vivere con voi: io fo la vostra infelicità, e voi fate la mia. Vi prego adunque di acconsentire a una separazione per mettere in calma la mia coscienza e la vostra, e vi manderò il mio confessore affinché ve ne parli. Attenderò in questo luogo gli ordini del Re che ho supplicato di permettermi d’entrare in un convento di Francia. Vi raccomando i miei figli» [Galluzzi, libro VIII, 100-101].

Dopo lunghe traversie gli accordi per il ritorno della principessa in Francia furono firmati il 26 ottobre del 1674. Margherita avrebbe dovuto ritirarsi nel monastero di Montmartre, avrebbe dovuto rinunciare all’eredità lasciando tutto ai figli che sarebbero rimasti con il padre. Inoltre il suo esilio in monastero avrebbe dovuto rispondere a regole ben precise [Klapisch Zuber 1988].

Partì per Livorno il 10 giugno del 1675 e a Pisa andò a salutare la monaca Fabbrona [Malena 2003, 45-110] [7] alla quale aveva spesso chiesto consigli, la cui sorte infelice l’avrebbe vista condannata come eretica. Gli anni di convivenza con il granduca erano stati quattordici, quelli in monastero non furono però affatto felici. Fece sempre parlare molto di lei, dei suoi legami con alcuni uomini di incerta fama (un certo La Rue, valletto, poi sostituito da Gentilly, palafreniere di scuderia), addirittura di aver provocato un incendio all’interno del monastero mossa dalla rabbia nei confronti del granduca che pure a distanza la controllava: «Voi mi riducete in modo che non posso più frequentare i sacramenti, e così mi farete dannare, e con tutta la vostra devozione vi dannerete anche voi, perché uno che è causa della perdita di un’anima non può salvare la sua, e voi sapete che se mi lasciaste stare e non vi impicciaste di me non avrei se non occasione di far del bene» [8].

Margherita intanto si era allontanata da Parigi e si era ritirata nel convento delle agostiniane di Picpus. Alla morte di Luigi XIV il duca reggente le aveva assegnato in perpetuo 120 mila franchi e un quartiere nel palazzo reale. I suoi modi, con l’età, si erano modificati e nel 1712 colta da paralisi fece testamento; sarebbe morta il 17 settembre 1721 all’età di 76 anni. Nel testamento avrebbe lasciato a ciascuno dei figli 300 mila franchi, erede universale la cugina la principessa d’Epinoy. Del marito nessun cenno. Cosimo III sarebbe morto il 31 ottobre del 1723 all’età di 82 anni. Il corpo di Margherita fu deposto nelle tombe reali in Saint-Denis.

Linguaggi del potere

L’esperienza di vita della granduchessa di Toscana, nei tempi storici, nel rispetto del milieu e dei filtri storiografico-interpretativi necessari ed evidenti, si è prestata anche a soluzioni letterarie [Banti 1973]. Dal romanzesco al puro esame diplomatico-archivistico delle fonti, le stesse, queste ultime, che nella loro manifesta evidenza ci permettono di fare valutazioni di carattere non solo topico in merito alla scrittura, ma di sconfinare in valutazioni che possono sembrare non ascrivibili a categorie di tempo e luogo storicamente circoscritti. Eppure, al di là degli obblighi di scrittura e genere letterario con i protocolli rigidi che le corti europee adottavano, le emozioni, gli affetti, le maniere, i modi d’essere, a volte per sbaglio, o per naturalezza, per censura non avvenuta, o per voluta dimenticanza, ci permettono di conoscere i volti e i cuori di persone che furono tali oltre l’etichetta e la norma. Ci sembra, dalle fonti consultate e dalla letteratura secondaria di alta divulgazione come pure di ottima interpretazione storiografica, di non poter classificare la scrittura di Margherita in nessuna categorizzazione rigida.

Una breve considerazione di approfondimento nell’ottica dei gender studies mi sembra a questo punto necessaria. Margherita è donna di sangue reale, della nobile stirpe degli Orléans, come abbiamo visto nel breve excursus biografico, figlia di Gastone fratello di Luigi XIII, cugina del monarca assoluto Luigi XIV, figlia di una frondista di spessore quale fu Margherita di Lorena, sorella della nota memorialista Anna Maria Luisa d’Orléans, la Grande Mademoiselle (de Montpensier) nata dalla prima moglie di Gastone, Maria di Borbone duchessa di Montpensier e d’Orléans; e sorella ancora di Elisabetta Margherita d’Orléans, duchessa d’Alençon e di Guisa (Madame de Guise) e Joyeuse per matrimonio.

Le mosse politiche e diplomatiche nella celebrazione di un matrimonio, more solito, combinato, sono conosciute. I Medici avevano dato alla Francia donne di rilievo, Caterina e Maria, il sistema e l’etichetta erano note e strutturali in questi giochi di potere e relazioni. Margherita era in tutto questo ma forse, come le carte ci dicono, non era tutto questo. [9]

Nella vicenda di Margherita numerose sono le fonti primarie, le scritture, che rivelano l’importanza del linguaggio come modalità di esercizio di potere nella sua costruzione al maschile inserita in griglie eteronormate in cui è schiacciato il femminile. Evidenti in questa riflessione sono gli echi dei teorici del pensiero che sulla costruzione del potere attraverso il linguaggio e la storia, hanno formulato i loro assunti. Joan Scott nell’ormai classico Gender: A Useful Category of Historical Analysis a riguardo, scrive:

The imposition, in other words, of the rules of social interaction are inherently and specifically gendered, for the female necessarily has a different relationship to the phallus than the male does. But, gender identification, although it always appears coherent and fixed, is, in fact, highly unstable. Like words themselves, subjective identities are processes of differentiation and distinction, requiring the suppression of ambiguities and opposite elements in order to assure (and create the illusion of) coherence and common understanding. The idea of masculinity rests on the necessary repression of feminine aspects – of the subject’s potential for bisexuality – and introduces conflict into the opposition of masculine and feminine [Scott 1986, 1063]. [10]

Un sistema di potere non può che basarsi su tecniche e modalità persuasive in seno alla costruzione del linguaggio stesso, e per il periodo in esame sul ruolo della Chiesa nel percorso sacralizzante tra contratto e sacramento del matrimonio, illuminanti sono le parole di Prosperi: «Nel chiuso delle aule giudiziarie, così come nel segreto dei confessionali, la chiesa post-tridentina andava costruendo un rapporto privilegiato con le donne, che nel contempo modificava la sensibilità religiosa, orientandola verso l’interiorizzazione e la valorizzazione dei sentimenti. […] era con le donne che gli uomini di chiesa intrattenevano sempre di più rapporti intimi, nell’ambito di una religione che aveva accentuato i suoi tratti di scavo interiore, di decifrazione di sentimenti e moti dell’animo» [Prosperi 1996, 520]. [11]

Per Margherita fu preparato tutto questo. Una lettera inedita della filza 6265 del Mediceo del Principato scritta da un ecclesiastico alla granduchessa rivela in maniera evidente tale modalità di linguaggio persuasivo. Il mittente, di cui ignoriamo il nome ma che lo stile e il contenuto identifica come ecclesiastico, si muove in un terreno insidioso che è quello della volontà della principessa d’Orléans di attuare una separazione da suo marito:

V.A. sait trop bien le prix des choses pour ignorer que le Ciel lui a plus donné en lui donnant la raison qu’en lui donnant une naissance Royalle. Elle sait que Elle ne fairait rien de juste quand Elle sacrifierait tout le reste des biens, qu’Elle possede pour se conserver l’advantage de pouvoir agir raisonablement. Qu’Elle aié donc la bonté de me permettre de lui demander qu’Elle emploie les grandes lumieres d’Esprit qui sont en Elle à considerer quelques reflessions solides, dont j’aurais l’honneur de l’entretenir.

Una principessa di sangue reale non può non sapere che è la sua nascita a rendere autorevole ogni azione che andrà a compiere, e quindi la ragionevolezza è dei “Grandi”, non può non essere così.

Les mariages des Grands sont semblables à ces riches horloges qui sont composes d’Ernail et de pierreries on y assemble tout ce que la terre a de plus grand prix sur tout on a soin qu’il aié une grande correspondence entre les monuments du dedans et qu’ils soient d’intelligence avec ceux du Ciel, qui en doivent être la règle. Mais il arrive souvent qu’un cheveu, ou un atome deconcerte tout l’ouvrage, et y apporte le dernier desordre, d’où vient que si l’on y donne un promptre remède çe compose de merveilles continue bien de briller au dehors, mais ce n’est plus que confusion au dedante et l’image d’un Chaos. Ainci l’on peut dire que dans l’alliance des Grands on voit assemblé ce qu’il y a de plus riche et de plus esclatant dans le monde, mais l’importance est d’allier les esprits et d’entretenir au-dedans une correspondance paisible qui s’accorde avec plus de justesse que les ressorts d’une montre. Cependant ce qui devrait être n’est pas toujours et nous gemissons M. de voir que cette union celeste ne se trouve plus entre vos sentiments et ceux du Grand Prince vostre Epoux, car quoi qu’il renforce tous les jours son amour et ses tendresses pour parvenir à la reunion de vos cœurs.

Si tratta di un matrimonio che non può seguire le regole di chi non ha sangue reale, l’orologio è perfetto e i piccoli difetti non sono che superabili. L’alleanza dei “Grandi” va salvaguardata e i cuori per loro natura non possono che riconciliarsi e trovare pace.

Il religioso continuerà a lungo ad argomentare in questa lettera intorno al tema del matrimonio tra reali, a sostenere attraverso le leggi umane e divine rivelate nella Sacra Scrittura che non esiste maniera di compromettere una unione voluta dagli uomini e da Dio. La felicità personale è una chimera che non è obiettivo delle anime grandi ma illusione egoistica di chi è accecato dall’amor proprio. Su questo le auctoritates presentate dall’ecclesiastico sono numerose. Il punto centrale della persuasione è che nessuno, nemmeno il Re, può rendere nullo ciò che per natura e per volontà di Dio è reale ed indissolubile.

Retranchée Sacrements de l’Eglise, arrêtée dans une resolution mortalle de ne point vous reconcilier avec vostre Espoux, quel jugement devez vous attendre de la bouche de ce Juge redoutable dans un etat si contraire a toutes les lois? Que si Dieux vous fait la grace de prolonger vostre vie et de vous donner du temps pour mettre vostre conscience en meilleur ordre, permettez moi M. de vous demander si vous en voulez profiter, ou non? Si vous dites que vostre resolution est arrêtée pour le reste de vos jours et que vous ne voulez changer en façon du monde vostre manière d’agir, j’ai horreur de vous dire que vous prononcez de vostre bouche vostre condannation eternelle, et qu’il n’y aura jamais de salut pour vous. Que si V. A. dit au contraire qu’elle ne veut pas mourir en cet etat, comme il y a lieu de l’espérer d’une Princesse Chrestienne, qu’attendez vous pour accomplir une volonté si necessaire? Aurez vous jamais des conjanctures plus favorables que celles qui s’offrent à vous à present?

Morire dannata non è da principessa di sangue. Inseguire le gioie terrene non è da anime nobili e grandi.

En verité M. il n’y a rien de si incomprensible que le sujet d’aversion que vous avez contre ce Grand Prince que Dieu vous commande d’aimer autant que vous même. Car soit que l’on considère les vertus que sont en Lui, soit que l’on regarde la passion qu’il a pour vous, l’un et l’autre vous obligent egallement a lui donner entierement vostre cœur. On peut dire sans etre suspect de flatterie que ce Prince est de ceux que les Romains appellaient les delices de la terre. On peut dire qu’il est de ceux qui attirent sur les Etats toutes les benedictions du Ciel. Et V.A. peut elle desavouer que se Prince ne lui ait toujours gardé un respect, un amour, et une fidelité inviolable, qui ne sont pas des vertus du temps. [12]

È necessario tornare quindi dal proprio marito: «delizia della terra», fedele come pochi, devoto e appassionato alla sua sposa.

Conclusione

Le puerili istanze libertarie della granduchessa non possono essere accolte da chi ha scritto sulla felicità degli altri. In Ancien Régime ancor di più tale scrittura è attenta e minuziosa, combatte le sbavature volitive, e non tollera attacchi a chi le ha ben articolate e costruite, in buona o cattiva fede. Giudicare non è compito da storico ma che Margherita non fosse contenta di questa scrittura “maschile” è evidente e a prova della sua verità sono le scritture di altri uomini di secoli successivi che a donne come queste diedero serenamente l’appellativo di folli.

Annota lo storico erudito del Granducato Riguccio Galluzzi, a margine di una delle descrizioni sui matrimoni della dinastia medicea:

La fatalità della casa Medici pareva che si compiacesse d’inviluppare questa famiglia nei travagli per mezzo di femmine; da queste erano sempre derivati i suoi principali disastri, e tutti i suoi matrimoni si erano mostrati sempre poco felici. Le circostante che avevano accompagnato la conclusione del matrimonio della principessa d’Orléans poteano sicuramente farne presagire il successo, se i matrimoni dei principi non fossero sostenuti dalla convenienza e dall’interesse. [13]

Fedele al cliché della “femmina” causa di infelicità e disastri politico-familiari, Galluzzi si smentisce nei fatti quando, nei dettagliati racconti, soprattutto degli ultimi Medici, imputa ai “maschi”, strutturali incapacità di governo e attitudini psicologiche nefaste. Ma, come sempre avviene in queste circostanze, è necessario salvare la forma.

Abbreviazioni

ASFi – Archivio di Stato di Firenze

BNCF – Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze

BAV – Biblioteca Apostolica Vaticana

MM – Miscellanea Medicea

MdP – Mediceo del Principato

Ms – Manoscritto

Fonti primarie

ASFi, Miscellanea Medicea, busta 591, ins. 18

ASFi, Mediceo del Principato, filza 6265, infra

ASFi, Manoscritti, Settimanni, Diario fiorentino, vol. XII, passim.

BAV Nunziatura di Firenze, vol. 42, passim.

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  • Le Roy Ladurie E. 1993, L’Ancien Régime, 1610-1715, Paris: Gallimard.
  • Lagioia V. 2015, La verità delle cose. Margherita Luisa d’Orléans: donna e sovrana d’ancien régime, Roma: Edizioni di Storia e Letteratura.
  • 2016, “Più celar non si poteva!”: l’immagine del granduca Gian Gastone tra libertinismo e dimensione politica, in Grassi U., Lagioia V., Romagnani G. P. (eds.) 2016, Tribadi, sodomiti, invertite e invertiti, pederasti, femminielli, ermafroditi. Per una storia dell’omosessualità, della bisessualità e delle trasgressioni di genere in Italia, Pisa: ETS.
  • Lombardi D. 2001, Matrimoni di antico regime, Bologna: Il Mulino.
  • 2008, Storia del matrimonio: dal Medioevo a oggi, Bologna: Il Mulino.
  • Malena A. 2003, L’eresia dei perfetti. Inquisizione romana ed esperienze mistiche nel seicento italiano, Roma: Edizioni di Storia e Letteratura.
  • Merlin P. 2010, Nelle stanze del Re. Vita e politica nelle corti europee tra XV e XVIII secolo, Roma: Salerno Editrice.
  • Merzario R. 1981, Il paese stretto. Strategie matrimoniali nella diocesi di Como secoli XVI-XVIII, Torino: Einaudi.
  • Miretti M. 2008, Dal ducato di Urbino al granducato di Toscana. Vittoria della Rovere e la devoluzione del patrimonio, in Calvi G., Spinelli R. (eds.), Le donne Medici nel sistema europeo delle Corti. XVI-XVIII secolo, Firenze: Polistampa, vol. I, 313-326.
  • Ormesson O. d’ 1860, Journal, Paris: éd. Chéruel.
  • Paoli M. P. 2008, Margherita Luisa d’Orléans, granduchessa di Toscana, voce biografica in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma: Treccani, vol. 70.
  • Pernot M. 1994, La Fronde, Paris: Éd. de Fallois.
  • Pieraccini G. 1925, La stirpe de’ Medici di Cafaggiolo, 2 voll., Firenze: Vallecchi.
  • Prosperi A. 1996, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori e missionari, Torino: Einaudi.
  • 1997, I sacramenti in età tridentina. Un “tempo della chiesa” di tipo nuovo?, in Alberigo G., Rogger I. (eds.), Il concilio di Trento nella prospettiva del terzo millennio, Brescia: Morcelliana, 251-266.
  • Retz (J. F. P. de Gondi) 1859, Mémoires, Paris: Charpentier.
  • Rodocanachi E. 1902, Les infortunes d’une petite-fille d’Henri IV. Marguerite d’Orléans Grande Duchesse de Toscane (1645-1721), Paris: Flammarion.
  • Roux J.-P. 1995, Le roi, mythes et symboles, Paris: Fayard.
  • Scott J. W. 1986, Gender: A Useful Category of Historical Analysis, «The American Historical Review», XCI (5): 1063.
  • Seidel Menchi S., Quaglioni D. (eds.) 2000, Coniugi nemici. La separazione in Italia dal XII al XVIII secolo, Bologna: Il Mulino.
  • Spinelli R. 2013, Il gran principe Ferdinando de’ Medici (1663-1713): collezionista e mecenate, Firenze: Giunti.
  • Stone L. 1979, The Family, Sex and Marriage in England 1500-1800, London: UPP.
  • Urbani P. 2008, Il Principe nelle reti. Tutto è forza d’una fatale necessità, in Bietti M.(ed.), Gian Gastone (1671-1737). Testimonianze e scoperte sull’ultimo Granduca de’ Medici, Firenze: Giunti.
  • Valentini A. 2005, Anna Maria Luisa de’ Medici Elettrice Palatina, Firenze: Polistampa.
  • Vergnes S. 2013, Les Frondeuses. Une révolte au féminin (1643-1661), Seyssel: Champ Vallon.
  • Visceglia M. A. 2009, Riti di corte e simboli della regalità. I regni d’Europa e del mediterraneo dal medioevo all’età moderna, Roma: Salerno Editrice.
  • Waquet J.-Cl. 2007, «Des accidents tout à fait extraordinaires et surprenans»: la monarchie française face à l’échec du mariage de Margherite Louise d’O. avec Côme de Médicis, prince de Toscane, in Poutrin I. et al. (eds.), Princesses et pouvoires politique en Europe à l’époque moderne, Paris: Éditions Bréal, 120-132.
  • Zarri G. 1990, Le sante vive. Profezie di corte e devozione femminile tra ‘400 e ‘500, Torino: Rosenberg e Sellier.
  • – 1996, Il matrimonio tridentino, in Prodi P., Reinhard W. (eds.), Il concilio di Trento e il moderno, Bologna: Il Mulino, 437-483.

Note

1. ASFi, MM, 591, ins. 18.

2. Su Margherita Luisa non è stato scritto molto e come ricordava lo storico fiorentino Giuseppe Baccini nel suo lavoro di raccolta di inediti sulla principessa: «Chi dovesse narrare la storia dell’infelice matrimonio di Cosimo III de’ Medici con la Principessa Margherita d’Orléans troverebbe materiale copioso e inedito». Cfr. Rodocanachi 1902; Pieraccini 1925; Paoli 2007; Lagioia 2015.

3. Segnalo memorialistica e bibliografia significativa: d’Andilly 1824; Retz 1859; d’Ormesson 1860; Griselle 1912; Le Roy Ladurie 1993; Pernot 1994.

4. Sul tema la ricerca storiografica si è mossa negli anni in direzioni diverse. Ricordo in questo approfondimento i lavori classici di Merzario 1981; Goody 1983; Barbagli 1984; Ferrante-Palazzi-Pomata 1988; Zarri 1990; Prosperi 1997; Seidel Menchi-Quaglioni 2000; Cavina 2011.

5. In merito al corteggiamento il marchese de Beauvau scrive: «(…) ce qui ne fut pas difficile à un jeune Prince, assez susceptible de cette passion. C’étoit un Princesse à peu prés de son âge, belle, d’un esprit hardi, qui répondoit à son affection, et par consequent bien plus capable d’inspirer une forte passion dans le coeur d’un jeune homme, qu’une fille déja d’âge comme Mademoiselle de Montpensier sa soeur; de sorte qu’il ne falut pas beaucoup de mystere ni d’artifice pour fomenter une étroite amitié entre ces deux personnes que se conoissoient dejà depuis quelques années, pour avoir été élevez ensemble à Blois, et qui avoient des agrémens réciproques l’un pour l’autre. L’amour de ce Prince ralentit les soins qu’il devoit à Mademoiselle de Montepensier, et lui fit faire diverses choses, qui acheverent enfin, avec le peu de seureté qu’elle trouvoit dans l’esprit du Duc, à lui faire perdre son affection.», Montpensier 1746, t. III 501 et segg.

6. Sui festeggiamenti per le nozze esistono documenti ufficiali, alcune cronache e opere letterarie scritte per l’occasione. Cfr. BAV Nunziatura di Firenze, vol. 42, passim; BNCF, Bonazzini, Diario, passim. «Hier, la Princesse de Toscane, après avoir fait Collation dans un Bois fort agréable, arriva en cette ville, à la clarté d’un nombre infini de flambeaux, qu’on avait allumés sur tous les Ponts, et les deux Quais de notre rivière, avec tant d’industrie, qu’ils formaient une perspective des plus charmantes. Ce matin, Elle a pris la route de Lambrogiane, Maison de Plaisance du Grand Duc à quatre milles d’ici. De Pise, le 25 juin 1661»; «De Florence, le 21 juin 1661. Le 15 de ce mois, la Princesse de Toscane, arriva ici, à une heure de nuit, accompagnée de la Grande Duchesse et du Prince son Espous, et entra par le Jardin du Palais: où le Grand Duc la reçut et l’accompagna jusques dans son Appartement, qu’Elle trouva très magnifique. La Duchesse d’Engoulême fut, aussi conduite dans le sien, par Son Altesse, qui lui donna toutes les marques possible, d’une particulière estime pour sa Personne. Depuis, la Princesse s’etant divertie à voir les Pierreries et les curiosités de la Gallerie du Grand Duc, jusques au 20, qu’Elle fit son entrée, Elle partit, le matin, accompagnée du Prince Mathias, et alla dîner en une Maison de Campagne, du Duc Salviati: d’où, ayant été revetue d’une robe de toile d’argent et broderie, avec une chaine de diamants et de perles, d’un prix infini, Elle se rendit sur les 5 heures du soir, à une porte de la ville, qui fut ouverte exprès, et s’appelera, desormais, la Porte d’Orléans. Elle y reçut la Couronne, par les mains du Grand Duc, et continua son entrée, avec tant de magnificence, qu’elle mérite un récit particulier, que vous aurez ailleurs.», in Recüeil des Gazettes nouvelles ordinaires et extraordinaires, relations et recits des choses avenues tant en ce Royaume qu’ailleurs, pendant l’année mil six cent soixante-un, Paris, 1662, 632, 656-657, 705 e segg. Cfr. anche Memorie delle feste fatte in Firenze per le reali nozze de’ Serenissimi Sposi Cosimo Principe di Toscana e Margherita Luisa d’Orléans, Firenze, 1662; Beverini 1661; Moniglia 1661.

7. Si tratta di Francesca Fabbroni, monaca benedettina del monastero di S. Benedetto di Pisa, donna di spiccato carisma spirituale, considerata da parte della corte medicea (dalla stessa granduchessa) mistica e saggia consigliera. In realtà la Fabbroni fu inquisita e morì in attesa di processo nelle carceri di un monastero in San Gimignano. Una lettura di genere utile ad approfondire il tema del potere e dell’eteronormatività è offerta da Zarri 1990; Evangelisti 2012.

8. ASFi, MM, 591, ins. 18, lettera scritta da Montmartre l’8 gennaio del 1680, tradotta e conservata come «ingiuriosissima lettera scritta dalla GranDuchessa Margherita a Cosimo III il di cui originale fù rimesso a Luigi XIV», passim.

9. Sul tema del potere, etichetta e corti la bibliografia è vasta, indico alcuni titoli che mi sembrano più significativi: Bontems, Raybaud, Brancourt 1965; Bayard 1984; Roux 1995; Bély 1996, v. «Mariage» di Poumarède; Bercé 1997, Visceglia 2009; Merlin 2010; Jouanna 2013.

10. Judith Butler ricordava i medesimi concetti quando nel 1990 in Gender Trouble. Feminism and the Subversion of Identity scriveva: «The self-justification of a repressive or subordinating law almost always grounds itself in a story about what it was like before the advent of the law, and how it came about that the law emerged in its present and necessary form. The fabrication of those origins tends to describe a state of affairs before the law that follows a necessary and unilinear narrative that culminates in, and thereby justifies, the constitution of the law. The story of origins is thus a strategic tactic within a narrative that, by telling a single, authoritative account about an irrecoverable past, makes the constitution of the law appear as a historical inevitability.», Butler 1990, 36.

11. «Da atto privato concluso all’interno della casa diviene cerimonia pubblica svolta in chiesa, da azione prettamente laicale diviene clericale, da insieme di gesti a carattere quasi esclusivamente profano assume carattere sacro», Zarri 1990, 462.

12. ASFir., MdP, 6265, passim.

13. Galluzzi 1830, t. 15, libro VII, cap. VIII, 178.