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Luciano Bossina, "Stoa, Ellenismo e catastrofe tedesca"

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Luciano Bossina, "Stoa, Ellenismo e catastrofe tedesca", Bari: Edizioni di Pagina, 2013, 222 pp..

 

Il saggio di Luciano Bossina, dedicato ad alcuni dei protagonisti degli studi moderni sul pensiero antico, si apre con quella che è senza dubbio una delle figure più scomode del mondo della filologia tedesca della prima metà del Novecento: Max Pohlenz (1872-1962). Docente dell'Università di Göttingen, si occupò della storia del pensiero greco, dalle origini all'ellenismo.

Bossina non esita a presentare senza alcun velo protettivo le argomentazioni di Pohlenz, fin dai primi capitoli del suo saggio, riportando testualmente le parole del filologo tedesco: nel suo Der hellenische Mensch, pubblicato nel 1947, Pohlenz propose delle nuove letture del primo stoicismo, basate interamente su quello che per il filologo tedesco costituiva un fatto incontestabile: che i padri della Stoa erano tutti, almeno in parte, di sangue semita.

Sempre secondo Pohlenz fu il loro sangue a determinare l'ingresso di elementi “non-greci” (e quindi semiti) nel mondo greco, in particolare una religiosità inedita per l'Occidente. Bossina non tralascia nemmeno quello che è probabilmente il punto più basso delle argomentazioni di Pohlenz: egli non esitò ad individuare nelle fonti antiche i caratteri secondo lui innegabilmente semiti dell'aspetto dei primi stoici, ovvero la pelle scura di Zenone e il naso di Crisippo.

Il saggio di Bossina a questo punto tenta di contestualizzare storicamente l'Uomo Ellenistico, anche se, come egli dichiara nell'introduzione, non è sua intenzione «tracciare una storia dell'interpretazione moderna della Stoa». Dopo un inaspettato paragrafo sulla fortuna di Pohlenz in Italia, il paese nel quale forse più che altrove vi fu un acceso dibattito fra sostenitori e detrattori delle idee dell'insigne studioso tedesco, l'indagine di Bossina si addentra nella biografia stessa di Pohlenz. Ricordando in particolare l'appassionata opposizione di Pohlenz all'allontanamento di Hermann Fränkel, di stirpe ebraica, dall'Università, Bossina mina sensibilimente l'ipotesi di un'adesione del filologo tedesco all'ideologia nazista.

Nonostante ciò nel secondo dopoguerra dagli Stati Uniti e dalla sua Germania su Pohlenz si abbatterono le critiche unanimi del mondo accademico: Ludwig Edelstein, Arnaldo Momigliano e Eduard Schwartz non esitarono ad accusare direttamente Pohlenz di razzismo e, più tacitamente, di adesione al nazismo. Proprio sull'ultimo dei tre personaggi si concentrano gli ultimi capitoli del saggio di Bossina; l'autore ha l'indubbio merito di non limitarsi a presentare Schwartz come puro e semplice antagonista di Pohlenz, bensì come un suo contemporaneo e, in quanto tale, permeato dalle medesime ideologie e temperie culturali. Particolare attenzione è riservata agli studi teologici tedeschi del primo novecento, che ebbero un'influenza forte sia su Pohlenz che su Schwartz. In base a tali considerazioni e nonostante il rigetto categorico della visione razzistico-deterministica di Pohlenz, i richiami di Schwartz alla difesa della Germanicità, unico erede moderno della Grecità, contro i suoi nemici, non appare poi così dissimile dal messaggio implicito di Pohlenz, che dedica l'Uomo Greco all'Uomo Tedesco.

In conclusione Stoa, Ellenismo e catastrofe tedesca presenta in maniera critica e ben documentata (in aiuto al lettore Bossina riporta in appendice alcuni scritti di Pohlenz e Schwartz di difficile reperimento) due figure tanto scomode quanto magistrali della storia degli studi moderni sul pensiero antico. Da tale presentazione le attuali generazioni di studiosi non possono non rintracciare almeno alcuni spunti di riflessione sul passato e il presente dei propri studi, e su come esso sia inesorabilmente espressione della propria contemporaneità.