Storicamente. Laboratorio di storia

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Luciano Canfora, "Gli antichi ci riguardano"

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Luciano Canfora, “Gli antichi ci riguardano”, Roma-Bari, Laterza, 223 pp.

Può la cultura classica riguardarci e costituire ancora un punto di riferimento attuale nella società contemporanea? Scopo di questo snello ma denso volume, Gli antichi ci riguardano, è di «comprendere storicamente il problema», e dunque di cercare una risposta a questa domanda.

I primi capitoli sono dedicati al cuore della trasmissione generazionale e culturale di quel patrimonio, la scuola. Canfora traccia un percorso che prende le mosse con piglio polemico dai tentativi ultimi di riforma di Berlinguer e della Gelmini, colpevoli entrambi di aver dato poco peso al contenuto nella (s)valutazione della durata degli anni di liceo. Tali tipi di riforme avrebbero avuto alla base una concezione antidemocratica del sapere e avrebbero ottenuto una visione dogmatica della cultura, privata della sua essenza e ridotta a soli «giudizi prefabbricati».

Per ricollegarsi alla tematica di riduzione di ore al liceo l’autore riprende le mosse da Tocqueville e dalla sua idea di scuola più orientata all’area tecnico-scientifica, idea già frutto della rivoluzione francese e volta ad una modernizzazione del sapere. Fu poi proprio in reazione al movimento di matrice giacobina che si costituì il liceo umanistico di stampo tedesco.

Ma lo sguardo dell’autore va oltre gli angusti spazi della formazione scolastica e punta direttamente al cuore del tema: ai rischi derivanti da un’attualizzazione estrema dei contenuti di un programma scolastico che deve comunque fornire un freno anticonformistico ai fenomeni effimeri e alle mode, seguono la trattazione del problema di definizione di «letteratura» e la difesa di una conoscenza globale del mondo antico in opposizione ad un vacuo specialismo.

Dopo aver ammesso un primato delle scienze pratiche e tecniche nella ricerca per il cambiamento del destino dell’umanità, l’autore raggiunge poi il punto cruciale della sua argomentazione e si dichiara convinto di una certa utilità delle scienze sociali. Infatti l’autore enumera almeno tre possibilità di risposta alla sua domanda iniziale, non totalmente soddisfacenti a suo dire: la prima, usata all’indomani dell’Unità di Italia da personaggi come Villari e Coppino, riguarda la storia dei valori, in quanto i classici rispecchierebbero quelli fondanti della nostra società. Segue la concezione gramsciana dell’apprendimento del latino come funzionale per imparare a studiare; la terza, infine, si riferisce al costante rapporto di dipendenza e dialogo della letteratura e della cultura moderna con quegli autori, dai quali esse traggono continuamente linfa e senso.

Tuttavia non sussiste un responso interamente positivo all’utilità dei classici a meno che non si riconoscano le contraddizioni e i nodi lasciati irrisolti da quella stessa cultura che li ha prodotti: è solo riflettendo sulle questioni lasciate aperte che si troverà vantaggio nell’interpellare gli antichi stessi. Il dibattito sulla miglior forma di governo, la definizione dei rapporti di dipendenza e schiavitù, l’unità della natura umana sono alcuni dei casi emblematici addotti dall’autore per dimostrare come la loro validità sia derivabile solo dall’esame di interrogativi non soddisfatti, e per questo attuali.

Chiudono l’appassionante arringa dello studioso due appendici altrettanto coinvolgenti: la prima sulla grandezza della traduzione e il fascino del suo funzionamento, un incontro d’intuizione e comprensione, più complicato nel caso delle lingue classiche a causa della loro lontananza. La seconda è un florilegio di quattro passi scelti da Canfora come esempio di difesa inefficace della scuola: due estratti di Coppola, il cui ideale, pur con qualche merito a proposito dei contenuti, scade nel patriottico-nazionalistico; un testo del 1948 di Funaioli-Perrotta che si fa voce di quelle istanze deluse dalla caduta del fascismo e irritate per le spinte democratiche nascenti; un altro estratto del 1948, ma stavolta di Marchesi, esponente del partito comunista, in bilico tra i suoi ideali politici e aspirazioni liberali.